Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: Nuova ordinanza di carcerazione per Claudio Podeschi e Baruca

Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: Nuova ordinanza di carcerazione per Claudio Podeschi e Baruca

 L’informazione di San Marino

Contestati altri episodi
di riciclaggio e motivate ulteriori
esigenze cautelari tra cui pericolo di fuga e reiterazione del reato


Nuova ordinanza di carcerazione per Claudio
Podeschi e Baruca

Stigmatizzato lo spregio del Generale
Alessandro Gentili
verso la magistratura, ritenuto una “serpeggiante
ostilità” sintomo del credito di cui ancora godono gli indagati e del rischio di
inquinamento probatorio

Antonio Fabbri

SAN MARINO. Nuove risultanze di indagine e nuova ordinanza di custodia
cautelare in carcere nei confronti di Claudio Podeschi e Biljana Baruca, che in
carcere si trovano già dallo scorso 23 giugno 2014. Le nuove prove documentali e
testimoniali raccolte hanno dunque determinato i magistrati, che si stanno
occupando della maxi indagine sulla tangentopoli sammarinese, a notificare una
nuova ordinanza di custodia cautelare nella quale si dà conto dell’influenza che
ancora viene esercitata dai due indagati, in ragione della posizione
precedentemente ricoperta e in forza dei rapporti internazionali intessuti nel
corso degli anni con quelli che i magistrati ritengono coinvolti nel giro
internazionale di riciclaggio di denari di provenienza illecita. Ma di sicuro la
parte della nuova ordinanza capace di causare uno sconquasso istituzionale è
quella che riguarda il Comandante della Gendarmeria, Alessandro Gentili, che di
fatto risulta come uno dei motivi e dei sintomi che attestano la capacità degli
indagati di influenzare indirettamente anche esponenti di vertice, i quali, poi,
si pongono in contrasto con la magistratura quando, invece, con questa
dovrebbero collaborare.

Le esigenze cautelari
Le esigenze cautelari sono quelle
del pericolo di reiterazione del
reato, del rischio di inquinamento
delle prove e del pericolo di
fuga.
Secondo gli inquirenti le capacità
raggiunte da Podeschi e Baruca
nel portare avanti l’attività ritenuta
illecita in ambito politico
imprenditoriale, attraverso anche
una fitta rete di relazioni, ha
consentito, e consentirebbe ancora
una volta fuori dal carcere
seppure agli arresti domiciliari,
di ritrovare i rapporti intessuti in
passato di attivarli per movimentare
le amplissime disponibilità
economiche che per i magistrati
i due detengono ancora anche
all’estero.
Proprio i rapporti con molti soggetti
esteri, dai Phuas, a Stathis e
Restis, pongono secondo i magistrati
il problema del pericolo di
fuga, anche in considerazione del
fatto che la loro permanenza sul Titano, in ragione di quanto scoperto
fino ad oggi, non sarebbe
più troppo agevole o serena.
La terza esigenza cautelare è
quella dell’inquinamento probatorio,
ed è qui che, oltre a richiamare
l’episodio del gendarme
Mazzocchi, a giudizio in primo
grado per favoreggiamento, viene
descritto anche un discutibile
comportamento del Comandante
della Gendarmeria, Alessandro
Gentili.
L’episodio del caffé in cortile
Della vicenda di Mazzocchi viene
descritto un episodio che non
era ancora emerso finora, ma che
risulta dalle immagini delle telecamere
a circuito chiuso, fino ad
oggi solo in parte proiettate durante
il processo già apertosi davanti
al giudice Gilberto Felici. I
magistrati coordinati dal Commissario
della legge Alberto Buriani,
nell’ordinanza che hanno firmato
ieri, prendono in esame il fatto
che Mazzocchi, oltre a fare la spola
tra Podeschi e Baruca e intrattenersi
con loro in lunghe conversazioni,
aveva un atteggiamento
reverenziale verso Podeschi. Per
spiegarlo raccontano un episodio
nel quale mentre Podeschi, durante
l’ora d’aria, è intento a parlare
con Baruca dal finestrino del bagno,
dove lei si trova e che dà sul
cortile dove c’è l’ex segretario di
Stato, Mazzocchi arriva con una tazzina di caffè, gliela porge e se
ne va subito dopo per non disturbare
la conversazione. Questo ciò
gli inquirenti ricostruiscono dalla
visione dei filmati delle telecamere
a circuito chiuso.
Lo spregio del Generale Gentili
In questo quadro sono durissime
le parole che vengono riservate
dalla magistratura al Generale
Alessandro Gentili. Parole che,
però, appaiono inevitabili a vedere
i comportamenti tenuti dal
capo dei gendarmi che vengono
descritti dalle toghe. Comportamenti
qualificati come manifestazioni
di spregio verso la magistratura,
apertamente ostili verso
le toghe anche davanti a militari
sottoposti. Comportamenti gravi
tenuti da chi, per legge, dovrebbe
garantire rispetto e collaborazione
proprio al tribunale. Ma gli inquirenti
citano anche parole non rispettose
pronunciate dal Comandante
verso la Repubblica e verso
altre istituzioni, come le Segreterie
di Stato. Così Gentili dice che
“questo è un paese che così come
è messo non ha speranze di cambiare”
nel quale “nessuno vuole
combattere il crimine… quindi
sono tutti dei bluff, complici le
Segreterie di Governo, il Tribunale.
Sono tutti complici”.
E ancora sono riportate le parole
di Gentili espresse davanti a suoi
sottoposti nelle quali afferma che
ognuno, politici e magistrati, “ha
il suo obiettivo”, insinuando tornaconti
particolari e dicendo che
la situazione “è catastrofica, ma è un catastrofismo normale, dove
tutti stanno bene, nessuno si fa
male, anche quelli che stanno in
carcere secondo me hanno i loro
buoni motivi per starci. Naturalmente
prima o poi usciranno, e
qui ognuno trarrà il suo vantaggio”.
Poi vengono riportate frasi nelle
quali, a quanto pare con spocchia,
il Generale afferma. “C’era
qualcuno dal tribunale che ha
pensato di fare il professore e
qualche altro ha risposto: sono
venuto da Generale e non intendo
fare il Caporale”, addossando
le responsabilità dei problemi a
tutti tranne che a se stesso. Poi
aggiunge “i magistrati stanno
lì da 25 anni e adesso fanno i
professori, chi in tribunale chi
alla Banca Centrale. Adesso c’è
Giovanna D’Arco, dimenticandosi
che Giovanna D’Arco è finita
sul rogo”, per poi aggiungere di
non credere nella giustizia sulle
vicende del passato.
Gli inquirenti rilevano che il Generale
mostra disprezzo verso i
magistrati e il lavoro del tribunale
definendoli “dei pirati, dei
gangster” parlando di una “lotta
spudorata tra componenti del
tribunale, tra ex del tribunale e
nemici del tribunale”. Poi dice
che il nucleo antifrode è la testa
d’ariete del palazzo di giustizia,
e, riferendosi al caso Mazzocchi,
afferma: “adesso assaltano il
carcere, rapiscono il brigadiere e
dal carcere lo portano in tribunale…
senza avere nessuna qualifi-
ca”. Per poi concludere “questo
Paese è una trappola esplosiva”.
Il perché del riferimento
al Generale
Il riferimento al Generale, non
foss’altro per la gravità di quello
che emerge e che di fatto denota
una fiducia ormai venuta meno tra
la magistratura e il vertice di uno
dei corpi di polizia sammarinesi,
ha per gli inquirenti uno stretto
legame con le esigenze cautelari.
Infatti quella descritta è una “serpeggiante
ostilità” che testimonia
per i magistrati il credito di cui
continuano a godere gli indagati
nel loro ambiente di riferimento
di cui, a questo punto, le parole
pronunciate dal comandante della
gendarmeria sono lo specchio.

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