Intervista a Francesco Mussoni: “La maggioranza di governo non potrà essere numericamente risicata”

Intervista a Francesco Mussoni: “La maggioranza di governo non potrà essere numericamente risicata”

Partiamo dal recente passato: com’è stata questa legislatura per lei e per il suo partito?

“Credo sia stata una legislatura incredibile per senti aspetti perché avevamo ereditato una situazione dal governo di Adesso.Sm veramente difficile. Il paese era sul lastrico finanziario, c’era una reputazione del paese molto particolare, un’economia stagnante, ricordo la disoccupazione anche se c’era qualche dato di miglioramento. Il paese, pur essendo fuori dalla blacklist, pur avendo ha avuto un giudizio positivo da parte dell’Ocse, in realtà era in una situazione drammatica.

Dal punto di vista finanziario c’è stata la chiusura di Asset Banca, il problema in Banca Cis poi si è palesato con una forza dirompente la crisi delle finanze pubbliche. È stata una legislatura complessa perché abbiamo ereditato una situazione difficile ma è stata anche positiva, appassionante, perché poi abbiamo creato delle situazioni di stabilità finanziaria. Abbiamo razionalizzato il debito pubblico che era esistente ma non evidente, abbiamo creato un’organizzazione del debito sostenibile e, soprattutto, riconoscibile anche dall’esterno. Abbiamo fatto delle riforme importanti, penso alla riforma delle pensioni, della giustizia e quella del lavoro. L’accordo di associazione con l’Ue è prossimo alla firma, il bilancio pubblico è sostanzialmente in pareggio dopo aver ereditato una situazione con 140 milioni di disavanzo, la disoccupazione è ai minimi storici, l’economia che sta tirando anche se al di sotto del potenziale”.

Dei problemi però ci sono ancora…

“Oggi abbiamo nuovi problemi da gestire, quello dello sviluppo e della crescita. Ma ci possiamo lasciare alle spalle una fase molto oscura della nostra storia, che purtroppo per certi aspetti oggi ritorna nelle cronache giudiziarie. Direi che oggi il paese è su un binario di stabilità, di tenuta finanziaria, di crescita di opportunità per effetto di azioni di politica estera particolarmente significative come l’accordo di associazione con l’Ue, sia per effetto di politiche economiche molto intelligenti, sia per effetto di riforme che abbiamo fatto durante questi anni. Senza dimenticare che in questi anni c’è stato il COVID, la guerra in Ucraina e una crisi politica con l’uscita di Rete. Al di là di tutto, se prendo il bollettino ufficiale, credo che il bilancio sia molto positivo”.

Qual è la priorità nel caso dovesse essere al governo anche nella prossima legislatura?

“La priorità è la firma dell’accordo di associazione con l’Unione europea. È un atto che sembra ormai prossimo quindi in molti lo danno per fatto ma non è scontato. Questo è il tema centrale perché comporterà la riorganizzazione di un po’ tutto il paese. Occorrerà una ristrutturazione intelligente per fare in modo che questo paese sia moderno, sia riconosciuto e riconoscibile, affinché possa essere sede di investimenti, possa avere nuove infrastrutture, nuove abitazioni senza ovviamente penalizzare chi ha vissuto e vive in questo paese.

Poi penso che la sanità sia una priorità perché oggi non funziona nonostante gli sforzi dei sanitari e dei dirigenti. È evidente che dobbiamo pensare di ristrutturare il nostro sistema sanitario in qualche modo”.

Un tema a lei caro anche nella sua esperienza governativa è stato la razionalizzazione della spesa pubblica di cui però in questi anni si è sentito parlare poco. Anzi, negli ultimi anni abbiamo visto aumentare i dipendenti pubblici. Come la vede?

“Sicuramente è un tema rilevante. Devo dire che la chiusura del contratto del pubblico impiego ha introdotto molti aspetti innovativi di flessibilità, come gli orari degli uffici pubblici, e di equiparazione al settore privato di cui vedremo gli effetti nel prossimo futuro. Il tema della spesa pubblica è centrale per il nostro paese perché la più grande azienda di San Marino è la macchina pubblica. È chiaro che se la PA gira e gira veloce tutto il sistema è più veloce. È un tema che non si apre e si chiude in poco tempo ma occorre lavorarci. Vedo ad esempio una riduzione nello Stato in alcuni settori ed una organizzazione del lavoro molto più simile al privato. Così come una gestione delle strutture pubbliche molto più simile al funzionamento del privato. Questi sono obiettivi sui quali bisogna lavorare”.

Il tema dell’accordo con UE non rischia però di catalizzare tutte le energie dell’amministrazione e della della politica, alla luce della mole di provvedimenti legislativi e di regolamenti che andranno adottati?

“San Marino resterà paese terzo sotto diversi punti di vista, con le sue prerogative e grandi sfere di autonomia. Però è vero che per tanti aspetti dovremo armonizzarsi a molte norme Europee, come per altro già stiamo facendo da anni. Quindi è chiaro che ci saranno da fare tante leggi. Questo comporterà di aprire una riflessione sul ruolo del parlamentare a San Marino che, dal mio punto di vista, non deve diventare un politico a tempo pieno. La politica non è un mestiere, la politica è un impegno civico nel quale uno porta la propria esperienza che ha maturato nel mondo reale. Se tu diventi solo un professionista della politica rischi di cantartela e suonartela. Invece se tu sei una persona immersa nella realtà lavorativa, professionale, educativa e svolgi anche una funzione politica credo che questo arricchisca la collettività.

In più, in un paese piccolo come il nostro, la storia ci insegna che ci vuole anche flessibilità. Quindi vedo una politica più strutturata ma non full time. Ci dovrà essere un rafforzamento del ruolo del consigliere, con una dotazione maggiore di autonomia anche economica, ci dovrà essere una rivisitazione delle regole di funzionamento del parlamento che oggi sono ancorate a tempi e modi degli anni ’80. Ci dovrà essere anche l’introduzione di riforme costituzionali che consentono al governo e al parlamento, nella loro autonomia, di esercitare a pieno il loro ruolo”.

A cosa si riferisce?

“Ad esempio nel nostro ordinamento costituzionale non c’è la possibilità per il governo di porre la fiducia su un decreto legge. In tutta Europa se un governo porta una norma centrale, importantissima per l’azione dello stato, pone la fiducia al parlamento. Questo serve per ridurre i temi di dibattito e soprattutto ad avere un’operatività più snella. A volte assistiamo a discussioni legittime ma infinite su provvedimenti che invece sono urgenti”.

Parliamo invece di chi queste cose le dovrà realizzare. Lei ha detto pubblicamente più volte che la sua visione è di un accordo tra le forze più rappresentative del paese, quindi Dc e la coalizione Libera-Ps-Psd. Non vi dividono più cose rispetto a quelle che vi uniscono?

“L’esperienza mi dice che la maggioranza di governo non può essere numericamente risicata. L’accordo di associazione, le riforme che dovranno essere fatte, l’evoluzione del paese presuppongono, come ho detto, un’ampia rappresentanza e rappresentatività politica. Non vedo tante forze politiche che si mettono insieme, ognuna con la sua Segreteria di Stato. È impossibile dare stabilità così al paese, è un dato di fatto. Vedo invece un accordo tra chi ha rappresentanza, tra chi ha cultura politica per portare avanti il paese”.

Eppure siete stati il bersaglio di molti attacchi in questa campagna elettorale, anche da sinistra.

“È chiaro che gli attacchi ricevuti in questa campagna elettorale non aiutano a vedere con chiarezza questa strada, ora come ora. Purtroppo si è scelta questa impostazione delle coalizioni contrapposte mentre noi avremmo cercato meglio l’accordo fin dall’inizio. Per noi la strada era fare una grande collezione politica che facesse una sintesi sul programma è che si presentasse in modo chiaro alla collettività. Purtroppo non c’è stata questa possibilità: Motus ha voluto andare da solo, il Psd ha fatto una valutazione di coalizione con Libera che a sua volta ha scelto di optare per una visione alternativa alla Dc dal punto di vista politico. È vero che la politica è l’arte dell’accordo e quindi se non ci fosse la possibilità di creare una maggioranza sostenibile esiste sempre la possibilità di ragionare con le forze politiche più rappresentative dopo il voto.

Dipenderà molto da cosa decideranno i cittadini nelle urne”.

È preoccupato che l’accordo che ha fatto saltare la vostra Reggenza possa essere riproposto dopo il 9 di giugno lasciando la Dc all’opposizione?

“Non sono preoccupato. Accetto la democrazia e le regole democratica. Diciamo che una cosa è una votazione in Consiglio, un’altra è dare al paese un governo e una maggioranza in grado di gestire il paese. Mi faccia anche dire che il voto sulla Reggenza è stata un’appropriazione indebita di un ruolo istituzionale da parte di chi ha giocato questa partita con l’inganno. Per carità, le votazioni sono libere, però è anche vero che i segretari Pedini e Belluzzi erano nel governo in quel momento e i 3 consiglieri del Psd erano in maggioranza, almeno formalmente. Una cosa è essere in disaccordo su una nomina, un’altra è lavorare per un progetto alternativo alla maggioranza”.

Da capogruppo Dc sente del rammarico per non aver saputo anticipare quella situazione?

“Guardi, sapevamo che il rischio c’era. Il nostro gruppo politico, la dirigenza ha voluto mettere alla prova la serietà e l’affidabilità degli interlocutori che in quel momento ritenevamo fossero tali. Era un rischio che andava corso anche perché evidentemente avevamo delle rassicurazioni”.

Qualche altro momento delicato che ricorda particolarmente?

“Penso all’uscita di Rete dalla maggioranza nel 2023. Molti del mio partito volevano andare a elezioni subito perché poteva essere un momento molto favorevole per la Dc. Rivendico, insieme ad altri, di aver avuto la freddezza di dire che bisognava andare avanti e chiudere l’accordo di associazione con l’Ue che probabilmente sarebbe stato compromesso da una crisi politica”.

Lei è anche quello che ha parlato di fine ordinata della legislatura, che tanto ordinata non è stata però.

“Con fine ordinata di legislatura non intendevo il disordine che fisiologicamente c’è nell’aula consigliare, a maggior ragione con numeri più ridotti. Io intendevo di avere ordine nelle cose da fare e da non fare. Tra quelle da fare c’erano la chiusura del negoziato di accordo con l’Ue e l’approvazione del bilancio per poi andare a votazione in primavera. Penso ancora che sia stata una scelta giusta”.

Che campagna elettorale è stata?

“Tutto sommato tranquilla. Penso che le persone abbiamo bisogno di stabilità, di ordine. Non sento un clima di contrapposizione spinta. Questo ha due possibili letture: potrebbe esserci un po’ di astensionismo in più o potrebbe esserci una richiesta di stabilità maggiore. Perché ho vissuto delle campagne elettorali dove c’era forte contrapposizione che oggi non sento”.

Che risultato si aspetta?

“Questo lo devono dire i cittadini. Noi Dc non abbiamo fatto slogan come altre forze politiche del tipo “vinceremo le elezioni, guideremo il paese, avremo il mandato”. Evidentemente altri hanno avuto bisogno di farlo ed è chiaro che se poi non succederà questo scenario per loro sarà una sconfitta politica molto grande. Detto ciò, ovviamente come Democrazia Cristiana ci aspettiamo di avere riconosciuto il lavoro fatto e di avere la fiducia della cittadinanza per continuare a farlo”.

Cosa risponde a chi parla di un possibile ritorno di una San Marino opaca?

“Sono sciocchezze. Oggi non solo siamo organizzati internamente per la trasparenza ma siamo riconosciuti dagli organismi internazionali preposti per la nostra trasparenza. Penso all’Ocse, alla commissione di Venezia in materia di giustizia, al Fondo Monetario Internazionale. Bisogna vedere chi dice queste cose su San Marino e perché le dice.

Chi solleva questo tema secondo me vuole un po’ alzare la paura, soffiare sul fuoco, perché mi sembra che siano elementi non reali ma suggestioni che vanno a smuovere timori del passato.  Poi può esserci sempre chi cerca di fare il furbo”.

Abbiamo gli anticorpi per difenderci da questi personaggi?

“Secondo me li abbiamo. Anche perché abbiamo sofferto molto in questi anni. Tutti abbiamo vissuto male gli anni della blacklist perché ci siamo sentiti attaccati, sfregiati, perché non riuscivamo a parlare con le autorità amministrative, politiche e giudiziarie italiani. È stato un lavoro difficile da ricostruire ed oggi questa reputazione ci è riconosciuta”.

Tra le proposte più gettonate in questa campagna elettorale c’è quella di favorire l’inserimento a San Marino di una grande banca internazionale. È favorevole?

“È vero che le aziende faticano ad avere credito e che noi siamo fuori mercato sui costi bancari. Abbiamo interessi più alti e sistemi più burocratici. Bisogna mantenere la stabilità del sistema bancario e in qualche modo accompagnarlo verso lidi migliori senza però creare destabilizzazione e paura. Non è una roba che fai in un click. Occorre un giusto equilibrio: da un lato senza creare un protezionismo interno, dall’altro senza una smodata apertura che non sarebbe sana per il nostro equilibrio economico finanziario. La stessa cosa vale per il problema casa. Non lo risolvi chiudendoti a riccio, lo devi risolvere con delle politiche un po’ emergenziali e una po’ di programmazione del territorio”.

Qualche idea?

“Ad esempio Ortisei ha introdotto un sistema di incentivi per contrastare l’abbandono della montagna. Per ogni nuovo edificio ha 1/3 di superficie edificabile in più a patto che quel terzo sia riservato al residente ad un valore calmierato. Lo sta facendo anche Montecarlo. Poi deve esserci una pianificazione del territorio che, ad esempio, contrasti lo svuotamento dei centri periferici”.

Davide Giardi

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