Pa, cinque anni d’attesa. Pier Roberto De Biagi, Nuovo Quotidiano di Rimini Cronaca San Marino

Pa, cinque anni d’attesa. Pier Roberto De Biagi, Nuovo Quotidiano di Rimini Cronaca San Marino

Nuovo Quotidiano di Rimini Cronaca San Marino

La proposta istituisce una decina di alti ruoli dirigenziali tutti nominati dal Governo / Pa, cinque anni d’attesa / In prima lettura il testo che cambierà l’organizzazione della pubblica amministrazione, ma non a costo zero

 Pier Roberto De Biagi

Il progetto di legge di riforma dell’Amministrazione pubblica arriva oggi in prima lettura in Consiglio Grande e Generale (in seconda chissà e quando) dopo cinque anni dalla sua anticipazione e lo fa con un sindacato irritato per gli impegni disattesi sul precariato, con il dissenso dei dirigenti e degli agenti diplomatici di carriera e pressoché all’insaputa di gran parte dei pubblici dipendenti. Nessuno ne discute le finalità di “separare le competenze della politica dalla gestione amministrativa; di adottare un modello organizzativo improntato alla chiarezza dei ruoli e orientato all’innovazione e al coordinamento; di allineare la stessa PA a standard di efficienza, efficacia, produttività”, ma neppure si può dissimulare che esse costituiscano enunciazioni di principi già sentite, un po’ consunte e mai rese effettive. Per di più, in una congiuntura come quella che San Marino attraversa, senza presagi di luce in fondo al tunnel, si dovrebbe presupporre una riforma a costo zero o addirittura al risparmio, al contrario di quanto si coglie tra le righe di questo provvedimento, che si guarda bene, o non è in grado, di calcolare la spesa, che rimanda gli “accorpamenti”, i tagli e la definizione del “fabbisogno”, mentre -oltre ad un ferreo regime di incompatibilità, che fa salva però qualche speciale situazione – istituisce una decina di alti ruoli dirigenziali. Ci si preoccupa quasi esclusivamente di definire e regolamentare i vertici: dalla controversa Direzione generale della funzione pubblica ai Direttori di dipartimento, tutti rigorosamente nominati dal governo, fino a spingersi non più in là dei dirigenti, ai quali peraltro vengono sottratti ulteriori spazi di autonomia. Con meccanismi tanto farraginosi e improbabili che vien da maledire quel termine “sburocratizzazione”: orrendo, usurato e, probabilmente, ancora una volta illusorio. Cosicché alla stragrande maggioranza dei dipendenti si fanno riferimenti estemporanei e i “profili di ruolo”, con uno dei tanti rinvii che la normativa certo non risparmia, “saranno declinati con decreto delegato”. Ci sta quindi che qualche malizioso si spinga a ritenere che il carico maggiore della riforma, soprattutto in termini di riduzione del personale, ricadrà proprio sulle categorie più basse e intermedie. E tutto questo si fa persino con buona pace dell’esuberante “amico” Renato Brunetta che, al “San Marino Forum” del 2009, avvertì che una razionale e giusta riforma della P.A. “deve partire dall’utenza”. La quale, invece, forse neanche sa che c’è e tanto meno conosce i contenuti di un provvedimento che approda al più alto livello delle istituzioni e che, in un paese civile come rivendichiamo d’essere, la dovrebbe riguardare in via prioritaria. 

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