Referendum eliminazione quorum: un riforma di portata costituzionale ed in linea con la storia

Referendum eliminazione quorum: un riforma di portata costituzionale ed in linea con la storia

In riferimento al referendum sulla eliminazione del quorun votato domenica 15 maggio, si ripropone quanto scritto da Marino Cecchetti in  Riforme   secondo la storia, libretto pubblicato in proprio nel 2000 (pag.72 e seguenti).

 

“Il referendum, come mezzo ordinario di democrazia diretta. Oggi una proposta di referendum presuppone la sottoscrizione di un numero di elettori almeno pari all’1,5% del corpo elettorale o la richiesta di almeno cinque Giunte di Castello. Si ritiene opportuno allargare la possibilità di utilizzare questo istituto, fissando come  sufficienti per avanzare  la proposta le firme di:

a)        elettori: lo 0,75% del corpo elettorale;

b)      consiglieri: 18 (di modo che l’opposizione possa rivolgersi al paese qualora ritenga che, dalla maggioranza, vengano prese o rimandate decisioni in contrasto con la volontà del paese);

c)      capitani di castello: 4.

Il referendum acquisterebbe così, nella democrazia sammarinese, il posto che, per questo istituto, aveva prefigurato Franciosi.

Franciosi [La restaurazione dell’Arengo… ], agli inizi del Novecento, andava sostenendo che, una volta introdotta la democrazia rappresentativa, si doveva andare oltre, cioè si doveva puntare alla democrazia diretta attraverso, appunto, il referendum per ritornare con ciò alla più semplice, alla più diretta, alla più pura e alla più genuina forma del Governo democratico.

A mezzo del referendum si stimola l’interesse dei cittadini ai problemi dello Stato, si diffonde fra loro la conoscenza della legislazione, si sviluppa in essi il sentimento della responsabilità per l’andamento della cosa pubblica.

Il referendum ha un effetto educativo straordinario: rende più guardinga l’Assemblea legislativa nelle sue deliberazioni con lo spauracchio del possibile e necessario appello al popolo; conduce questo ad occuparsi delle questioni più vitali e a pronunziarsi su di esse in forma puramente obbiettiva, fuori di quelle considerazioni personali che spesso riescono ad intralciare e dissimulare il vero proposito; e, mentre sviluppa il sentimento di responsabilità diretto in tutto il popolo, dà stabilità e larga base alle leggi, accettate per consenso non indiretto e supposto, ma diretto ed esplicito.

Il referendum è un istituto particolarmente confacente alle condizioni storiche, politiche, intellettuali e morali dei piccoli Stati, dove è agevolato per la facilità delle votazioni e per la comunità degli interessi che regolano la maggioranza dei cittadini. Molto più facile ancora colà dove può essere fondato sopra una pratica tradizionale della vita pubblica, o dove si può riguardare quale logica esplicazione della storia del paese…..

Se si pensa che il nostro Governo un tempo era formato da tutti i capi famiglia … compiendo adunque l’intera parabola noi possiamo ritornare a regime di forma diretta, servendoci, come ci serviamo ogni sei mesi per diritto di petizione, dell’Arringo a mo’ di Referendum col o col no scritto sopra scheda per l’approvazione o meno dei progetti di legge o di amministrazione.

Una volta all’anno, ad esempio in coincidenza con l’Arengo semestrale, si potrebbe votare per tutti i referendum promossi nei dodici mesi precedenti,  utilizzando, fra l’altro, appena possibile, le facilitazioni di ordine  pratico messe a disposizione  dalle nuove tecnologie informatiche.

E così l’opinione pubblica verrebbe sempre espressa con notevole profitto, a mezzo del voto di tutti, e governerebbe come una potenza impalpabile, penetrante in tutto a guisa di leggiero etere; e la nostra Comunità si assiderebbe sovrana di sé stessa, per la seconda volta, sulle basi del retto e del giusto, ‘rinnovellandosi nella perpetua libertà’.

La celebrazione frequente di referendum non nuoce alla democrazia, specie in una piccola realtà come quella sammarinese, la cui storia è favorevolmente segnata dalla cultura dell’Arengo. E non danneggia il sistema dei partiti, come dimostra l’esperienza della Svizzera. Grande ruolo nell’ordinamento elvetico ha assunto la democrazia diretta, attraverso un intenso e continuo ricorso all’istituto del referendum popolare deliberativo, anche nella materia costituzionale. Si pensi che fra il 1866 e il 1993 si sono tenuti ben 395 referendum popolari (189 quelli approvati), dei quali 143 su modifiche della costituzione (104 quelle approvate) alla media complessiva di 3 referendum all’anno per 127 anni [Barbera].

La celebrazione frequente dei referendum è uno stimolo a far risuscitare l’interesse per la cosa pubblica dopo quanto avvenuto nell’ultimo ventennio. Scriveva Tucidide a proposito della repubblica ateniese: Un uomo che non si interessa dello Stato non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e, benché soltanto pochi siano in grado di dar vita a una politica, noi siamo tutti in grado di giudicarla [Tucidite].

E’ vero che in democrazia si giudica la politica attraverso il voto. Ma il sistema, degenerato, dei partiti ha finito per violentare  il diritto di voto mettendo in gara nelle elezioni solo uomini che assicurino il mantenimento del sistema stesso e dotandoli di mezzi a spese dello Stato sproporzionati rispetto a quelli che può mettere in campo qualsiasi altro concorrente esterno al sistema. Di fatto è azzerata la possibilità di un cambiamento vero, nonostante il voto. Non resta quindi – oltre che a tentare di presentare qualche candidatura indipendente – che darsi da fare per  organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che i governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno [D. Antiseri]. Il rafforzamento degli istituti della democrazia diretta può essere un modo.

In conclusione, il referendum può costituire, in un piccolo Stato come San Marino, una efficace forma di partecipazione diretta del popolo, idonea a contrastare eventuali tendenze conservatrici o innovatrici del Consiglio Grande e Generale non rispondenti alle genuine aspirazioni dei cittadini” [Astuti].

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