Rimini 2.0. Il futuro non si prevede. Si fa.

Rimini 2.0. Il futuro non si prevede. Si fa.

Alcune considerazioni tratte dall’intervento di Guido Caselli
Dirigente Ufficio Studi Unioncamere Emilia-Romagna

Il dott. Guido Caselli parte da un assunto di base nel formulare la sua riflessione: perchè vi sia sviluppo sul territorio occorre che sia la crescita economica che il benessere presentino una dinamica positiva.

In una società che cambia così rapidamente, sulla scorta di alcuni dati reali e proiezioni sul futuro prossimo, il dott. Guido Caselli individua alcune aree dove sarà importante intervenire: il welfare, le reti lunghe, la formazione, l’ambiente.

1. Verso un nuovo welfare

Migrazione e invecchiamento della popolazione
Negli ultimi cinque anni Rimini ha registrato un saldo migratorio netto di oltre 21mila unità. È come se in soli 5 anni fosse nato un nuovo comune delle dimensioni superiori a quelle di Santarcangelo. Una dinamica sulla quale si innesta il progressivo invecchiamento della popolazione, rendendone le conseguenze ancora più critiche. Se l’evoluzione demografica dovesse seguire il trend degli ultimi anni, secondo le previsioni Istat nel 2029 a Rimini ci saranno 50mila abitanti in più rispetto ad oggi, gli anziani ogni cento bambini saranno 178 contro i 149 attuali.

Ripensare il sistema di welfare
Quale welfare per i prossimi anni, in previsione di una società multietnica e con un’elevata incidenza della popolazione anziana? Secondo il dott. Caselli può essere d’aiuto riprendere alcune riflessioni dell’economista Stefano Zamagni che pone quale fondamento dello stato sociale la categoria della libertà, cioè l’idea che il welfare trae la sua ragion d’essere dalla capacità di dilatare gli spazi di libertà dei cittadini. La libertà individuale non si garantisce con i soli sforzi individuali, ma ad essa è necessaria una qualche azione collettiva nella sfera del politico: è la posizione di chi difende il carattere universalista dei sistemi di welfare. Un welfare universalista che non deve essere assistenzialista, nel quale l’intervento del pubblico è limitato alla definizione dei servizi sociali e dei relativi standard di qualità che si intendono assicurare, alla fissazione delle regole d’accesso alle prestazioni e dunque degli interventi in chiave redistributiva necessari per assicurarne la fruizione effettiva alla popolazione, all’esercizio delle forme di controllo sulle erogazioni effettive delle prestazioni.

2. Connettersi alle reti lunghe

I dati sull’export
26,6%: è la crescita registrata negli ultimi otto anni dal valore medio unitario delle esportazioni dell’Emilia-Romagna. Nel periodo 2000-2007 il valore delle esportazioni dell’Emilia-Romagna in termini reali, quindi al netto del fenomeno inflattivo, è cresciuto del 33 per cento, contro il 20 per cento della Lombardia e l’11 per cento del Veneto.
Il commercio estero è una leva strategica che a Rimini ha un peso meno rilevante rispetto ad altre province della regione, riflettendo una struttura produttiva che si concentra su settori meno aperti ai mercati esteri. Tuttavia, nei primi anni duemila l’incidenza delle esportazioni si attestava attorno al 23% del valore aggiunto provinciale, negli ultimi anni si è raggiunto il 25%. Attualmente in Emilia-Romagna tale quota è pari al 34 per cento.

Dalle reti corte alle reti lunghe
Negli anni più recenti si sono moltiplicate le iniziative volte ad uscire dalla logica della ‘rete corta’ e localistica, che per decenni ha caratterizzato il modello distrettuale, per muoversi nella direzione della ‘rete lunga’, capace di intercettare i flussi della conoscenza in ogni parte del mondo.
Ciò determina numerosi cambiamenti nella configurazione socio-economica del territorio: in passato vi è stato il passaggio dal distretto tradizionale alle filiere, nei prossimi anni si potrebbe assistere a quello dalle reti aperte ai cluster dell’innovazione. Nei ‘distretti’ di nuova generazione divengono strategici i beni collettivi per la competitività di cui il territorio si dota, i cluster si trasformano in veri e propri sistemi territoriali dell’innovazione sempre più aperti verso l’esterno ed alle competenze del terziario avanzato.

Il terziario, all’interno di questa visione dei cluster, acquisisce un ruolo proprio e ben definito, non solo un servizio di prossimità rivolto alle imprese, ma un nodo pulsante della rete dove si crea valore. Ciò è ancora più vero per il turismo, settore che a Rimini ha la forza per essere un vero e proprio volano per lo sviluppo innovativo del territorio. Accanto ad un’offerta turistica sempre più rispondente ai cambiamenti della società diviene strategica l’evoluzione di un’industria strettamente connessa al turismo che può riguardare, per esempio, nuove attività legate al benessere oppure attività tradizionali quali quella alimentare ripensate in una logica di filiera turistica. Anche il comparto dei servizi può trarre forza da un cluster territoriale con vocazione turistica specializzandosi e dando vita ad eccellenze in campo internazionale, per esempio nel campo della formazione turistica.

Investire in conoscenza come sistema territoriale per l’innovazione
Alla base dei sistemi territoriali per l’innovazione si pone, ancora una volta, il capitalismo delle relazioni, anch’esso chiamato ad un salto evolutivo. Non un semplice ‘mettersi insieme’, ma un capitalismo che crea reti di comunicazione, circuiti di responsabilità ed impegno reciproco per condividere la visione e sostanziarla attraverso azioni agite in maniera partecipata.
La stretta creditizia degli ultimi mesi ha ulteriormente indebolito il legame tra imprese e territorio. Lo sviluppo dei prossimi anni dipenderà anche da quanto si sarà in grado di trovare, come sistema territoriale, soluzioni innovative per favorire l’accesso al credito.

3. Attrarre e formare persone capaci e dotate di talento… e saperle riconoscere

Formazione e istruzione
Uno degli elementi chiave su cui puntare per la provincia di Rimini dei prossimi anni è sicuramente l’istruzione. Secondo le previsioni delle imprese di Rimini, nel 2008 ogni 100 assunzioni solo 6 di queste sono relative a persone laureate, circa 40 a lavoratori in possesso di diploma di scuola media superiore. Più di un nuovo assunto su due non possiede un titolo di studio qualificato. Il dato più evidente è il permanere di una composizione della forza lavoro che si caratterizza per una elevata percentuale di occupati con un livello di istruzione scolastica medio-bassa.
In Emilia-Romagna la percentuale di forza lavoro laureata su quella complessiva è del 15%. Nelle aree europee più avanzate, non solo quelle metropolitane ma anche in territori a forte connotazione manifatturiera, la percentuale di laureati sul totale della forza lavoro raggiunge, e in molti casi supera il 30%, quindi una incidenza doppia rispetto a quella regionale.
Sembra dunque di poter affermare che uno degli aspetti che penalizza Rimini maggiormente rispetto ai principali competitors internazionali è la ridotta presenza di occupazione qualificata, di laureati nelle imprese.

Dare vita ad un habitat creativo
Nel pensare alla Rimini che verrà, nella metamorfosi che interesserà i sistemi territoriali, la qualità del capitale umano discenderà prima di tutto da quanto si riuscirà ad evolvere culturalmente, un percorso che può essere agevolato creando le condizioni ideali per la nascita e la diffusione delle idee, innalzando il livello formativo degli occupati, dando spazio al talento ed alla creatività, riconoscendo pari dignità ad ogni professione, escludendo ogni modalità non fondata sulla meritocrazia, considerando gli investimenti sulle persone come fattore di crescita per l’azienda e per l’intero sistema territoriale.

4. Investire sull’ambiente

Il consumo del territorio
Nel periodo 2000-2006 a Rimini sono stati concessi permessi di costruzione per 16mila abitazioni suddivise in quasi 2.400 nuovi fabbricati, ai quali si aggiungono circa 600 nuovi fabbricati non residenziali.
Nel 1990 la superficie agricola territoriale (seminativo, coltivazioni, prati, pascoli, boschi, pioppeti, …) costituiva il 72% della superficie provinciale complessiva, percentuale che nel 2000 è scesa al 64%. Se la riduzione della superficie agricola proseguisse al ritmo di quanto avvenuto nel decennio 1990-2000. oggi sarebbe attorno al 55%, tra vent’anni di poco superiore al 40% per cento.

La difesa del territorio
Anche in tema ambientale è necessario mettere in campo interventi volti ad un sempre più razionale uso del suolo, nonché a favorire la diffusione di tutti quei comportamenti – raccolta differenziata dei rifiuti, riduzione dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua, etc. – che mirano a salvaguardare l’ambiente.
Un altro aspetto imprescindibile riguarda la produzione di energia a basso impatto ambientale e con risorse rinnovabili.

Appendice: il piano strategico

A fronte di tutte queste considerazioni, ‘Il futuro non si prevede. Si fa’, non deve rimanere solamente uno slogan, ma deve trovare concreta attuazione in strategie condivise da tutto il sistema territoriale con conseguenti linee d’intervento agite con modalità partecipate.

È su queste basi che ha preso avvio ‘Rimini Venture 2027’, il piano strategico proiettato sul medio-lungo periodo e fondato sulla partecipazione attiva di tutto il territorio. Questo piano strategico, promosso da Comune, Provincia, Camera di commercio e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, traccia un percorso di programmazione incardinato su un ‘patto e un forte coordinamento nell’assunzione di responsabilità’ fra amministratori, attori economici, sociali e culturali, cittadini ed altri partner al fine di realizzare la visione condivisa. In altri termini, Rimini Venture 2027 ha come obiettivo quello di trasformare le aspettative individuali o di gruppo in visioni comuni e in progetti concreti per vivere meglio il presente e costruire il futuro, attraverso nuove forme di governo del territorio basate su un inedito coinvolgimento della comunità locale nelle sue più lungimiranti espressioni economiche, sociali e culturali.

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