La Repubblica di San Marino il 26 novembre 2009 ha firmato con l’Italia, lo Stato di cui è enclave, l’accordo più sconsiderato della sua storia: una resa sua sponte.
Motivo?
Era stata fatta balenare ai governanti la -immediata- operatività in territorio italiano delle banche e delle finanziarie sammarinesi.
La sovranità per un piatto di lenticchie. Fra l’altro, diversamente da Esaù, quel piatto non è nemmeno mai arrivato.
Ora con la creazione dell’Istituto Finanziario Pubblico, si arriva ad ipotecare i beni dello Stato. Come a dire, in una famiglia, portare gioielli, argenteria, al Monte dei Pegni.
Il tutto perché i governanti non vogliono
– farsi pagare quanto dovuto dai furbi per la monofase non versata – recuperare presso i furfanti delle banche quanto loro dato;
– esigere gli arretrati dagli speculatori della devastazione del territorio (con tanto di malavita connessa) che non hanno allibrato a catasto le costruzioni.
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