San Marino. Gerardo Giovagnoli: ‘Perseverare autem diabolicum’

San Marino. Gerardo Giovagnoli: ‘Perseverare autem diabolicum’

La replica di Gerardo Giovagnoli all’articolo pubblicato ieri su L’informazione di San Marino a firma di Marino Cecchetti

‘Perseverare autem diabolicum’

Ho trovato del tutto anacronistico l’intervento del Prof. Cecchetti nell’edizione di ieri a riguardo del mancato accordo con l’Italia del 2005. A mio paere ad oggi non può più essere messo in dubbio che quello di chiudere la porta in faccia all’Italia su un accordo già parafato, fu un gesto di arroganza e superficialità politica che portò a delle conseguenze gravissime e del tutto note. Quello che nell’articolo viene paventato, ovvero una serie di disastri, è avvenuto proprio a causa di quella scelta, non per la sua non realizzazione.

L’errore più grande che fece la classe politica del tempo, tranne il PSD e a dire la verità anche qualche democristiano, fu quello di ritenere frutto dell’esercizio della nostra sovranità il poter mantenere il segreto bancario, l’anonimato societario e la mancanza di trasparenza e di scambio di informazioni associate. Non era così: le regole internazionali, l’OCSE, il Moneyval e la UE in quanto tale, già ben prima del 2005 avevano fatto capire che mantenere quelli che erano considerati stolidamente dei “capisaldi” sarebbe stata una opzione a termine. L’Italia in tutto questo era non solo un player attivo ma quello da cui proveniva la maggior parte dei capitali nelle nostre banche, di più: eravamo in black list già dal 1999.

Pensare di rimandare a casa il Ministro Fini senza avere effetti nefasti sul nostro sistema, solo perché si manteneva lo status quo senza l’accordo firmato, è stata pure follia: come è stato dimostrato – e purtroppo non vi era affatto necessità – se la sovranità la ha un piccolo stato, figuriamoci un grande stato: senza obbligarci formalmente a cambiare le leggi, l’Italia attraverso l’azione – coordinata o meno – di amministrazione fiscale, giustizia ordinaria e Banca d’Italia ha ottenuto tutto quello che voleva senza attraversare il confine. Scudi fiscali, black list, azione contro Delta quindi Carisp, fine della partecipazione delle banche italiane nelle nostre. Tutte azioni dovute alla loro sovranità. Che però hanno messo in ginocchio noi.

Una maledizione, quella del congelamento dei rapporti con l’Italia, che ci siamo portati dietro fino al 2014, quando ormai avevamo ceduto su tutto. Senza contropartite. Ora siamo nel 2022 e certe scelte sono ancora sul tavolo: quando capiremo che se vogliamo rilanciare il settore bancario e finanziario dobbiamo aprirci e non chiuderci? Quando ragioneremo seriamente sul futuro della Cassa di Risparmio come istituto che non può rimanere nelle mani pubbliche indefinitamente? Quando ce ne faremo una ragione del fatto che se vogliamo attirare capitali dell’Unione Europea sarà necessario avere una vigilanza concordata o essere nell’Unione Europea? Ora che il sistema è stato quasi affossato credo che le risposte siano più facili da dare di sedici anni fa.

Perseverare sarebbe diabolico.

Articolo tratto da L’informazione di San Marino, pubblicato integralmente dopo le 18

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