San Marino. Giovanni Maria Zonzini sulla settimana corta nella Scuola Media

San Marino. Giovanni Maria Zonzini sulla settimana corta nella Scuola Media

“Fermare il declino”

Riceviamo dal consigliere Giovanni Maria Zonzini e pubblichiamo la seguente presa di posizione sulla proposta di modifica dell’orario settimanale scolastico nella Scuola Media, all’attenzione del Paese, promossa dal Segretario di Stato alla Istruzione, Andrea Belluzzi

“Gentile Direttore,

Le affido questa lettera aperta per manifestare la mia personale preoccupazione in merito alla situazione della didattica, stimolatami dalla scelta – annunciata dalla Segreteria all’Istruzione – di introdurre la settimana corta nelle scuole medie. Scrivo, come evidente, a titolo personale.

Da tempo seguo con attenzione quella che considero una fra le più pericolose emergenze sociali: il declino delle competenze medie degli studenti. I rapporti sulle prove Invalsi 2023 svolte in Italia restituiscono un quadro impietoso: al termine delle scuole superiori, solo uno studente su due raggiunge o supera il livello considerato sufficiente nella conoscenza e comprensione della lingua italiana; lo stesso si dica per la matematica. Il punteggio medio delle prove nel 2023 è sceso del 10% in italiano e del 5% in matematica rispetto al 2019. Non esistono rilevazioni di questo tipo a San Marino, ma credo sia verosimile ipotizzare che non divergano enormemente da quelli italiani, o almeno da quelli delle regioni limitrofe.

Il problema è stato forse aggravato dalle restrizioni subìte dalla didattica per il contenimento della pandemia, ma ha radici nel passato: l’anno scorso, la stampa dava notizia del fatto che, in un concorso per l’accesso alla magistratura in Italia, il 95% degli scritti venne considerato inammissibile a causa di lacune nella redazione formale dell’elaborato. Significa che ci sono migliaia di giuristi che non sono in grado di comporre un testo complesso in un italiano corretto.

A ciò si aggiunga la circostanza, emersa anche in un apposito approfondimento svoltosi nella Prima Commissione Consiliare e segnalatami anche da diversi docenti, di un aumento esponenziale di disagi psichici, disfunzioni relazionali e dipendenze patologiche da strumenti tecnologici fra i giovanissimi.

La scelta di ridurre i giorni di insegnamento credo non sia – di per sé – un elemento che aggraverà questa situazione desolante; ritengo però che il problema dovrebbe essere affrontato in maniera esattamente opposta da come ha fatto la Segreteria competente. Quest’ultima, infatti, avviò un sondaggio fra le famiglie chiedendo loro se preferissero la settimana scolastica di sei o cinque giorni. Sembra dunque che le politiche dell’istruzione non partano dalle necessità didattiche degli studenti, non abbiano come obiettivo il miglioramento e l’accrescimento delle conoscenze e lo sviluppo del potenziale intellettuale dei nostri studenti, ma siano bensì animate dalla volontà di accontentare – in fase preelettorale – i genitori degli studenti. La scelta della settimana corta, a mio avviso, avrebbe dovuto essere l’esito di una riflessione pedagogica: sembra invece che sia la didattica a doversi adeguare alle preferenze delle famiglie, mentre la preparazione degli studenti è una variabile secondaria da adattare alle necessità di consenso politico.

Questo approccio, inoltre, tradisce una concezione della scuola pubblica come una sorta di “parcheggio”, di servizio di “badaggio” gratuito reso alle famiglie: la scuola invece è – e dovrebbe essere – lo strumento con cui lo Stato: garantisce il diritto allo studio; persegue l’uguaglianza sociale, dando a tutti i giovani le stesse possibilità di apprendimento indipendentemente dalle condizioni socio-economiche della famiglia di nascita; costruisce una società di donne e uomini idonei all’esercizio del potere democratico; accresce la cultura degli studenti, e non perché tutti debbano diventare grandi intellettuali, ma perché nessuno di loro sia schiavo, parafrasando Rodari.

Nella situazione di evidente declino generalizzato delle conoscenze (e delle condizioni psicologiche) degli studenti, credo si debba avviare un serio dibattito politico e culturale per capire come interrompere e invertire questa tendenza. Ritengo si dovrebbero fare investimenti infrastrutturali per avere una scuola nella quale gli studenti e le studentesse, oltre alle ore di lezione, possano consumare dei pasti sani ed equilibrati, svolgere le attività di studio, sportive e ricreative nel pomeriggio e socializzare fra loro; credo si debbano creare o implementare corsi di recupero per studenti in difficoltà, sia pomeridiani che estivi, per mettere tutti nelle condizioni di colmare le proprie lacune senza dover ricorrere a costose ripetizioni che, evidentemente, non sono alla portata di ogni tasca. Sono questi evidentemente investimenti importanti dal punto di vista economico, che richiederebbero grandi sforzi organizzativi e logistici, che non possono farsi in tempi brevi. Nondimeno, i costi di un declino intellettuale e culturale sono molto maggiori: perdere una generazione significa privare la nostra società degli elementi indispensabili alla sua crescita sociale, culturale ed economica di medio-lungo periodo.

Indipendentemente però dalle soluzioni per il miglioramento della didattica, che non oso proporre in quanto non ne ho le competenze, ritengo che la politica debba assumere come obiettivo fondamentale il miglioramento dei livelli di conoscenza e competenza degli studenti: a livello strategico, l’elemento più importante è il fattore umano di una collettività politica; la traiettoria di lungo periodo di un Paese riposa nelle capacità, nella cultura e nell’educazione della sua popolazione, non altrove. In conclusione, contesto al Governo di impostare la propria politica scolastica intorno al soddisfacimento dei desideri delle famiglie anziché alle esigenze didattiche degli studenti, i quali dovrebbero essere il centro di gravità permanente di una politica scolastica corretta, e non l’oggetto della campagna elettorale.

Invito pubblicamente il Segretario competente a riferire nelle sedi istituzionali e ad avviare un dibattito che, traendo spunto dalla scelta di adottare la settimana corta alle Scuole Medie, possa dare avvio a misure urgenti e radicali per contrastare un declino che abbiamo il dovere di rifiutarci di considerare inesorabile.

Giovanni M. Zonzini”

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