San Marino. Giustizia: Odg della maggioranza per portare a Strasburgo la versione della politica

San Marino. Giustizia: Odg della maggioranza per portare a Strasburgo la versione della politica

Approvato odg per portare a Strasburgo la versione della politica

Maggioranza prova con un pannicello caldo a lenire la violazione dello stato di diritto

Antonio Fabbri

La maggioranza prova con un “pannicello caldo” a lenire la grave infezione che ha causato allo stato di diritto con le prevaricazioni che ha messo in campo nei primi sette mesi di legislatura, anche durante il lockdown, provocando danni alla separazione dei poteri con pesanti ingerenze sull’indipendenza della magistratura.

Il “pannicello caldo” è un ordine del giorno che impegna il governo a trasmettere al Consiglio d’Europa dei documenti che integrino l’esposto che fece Marco Gatti nel giugno del 2018. Documenti che già all’epoca vennero trasmessi, a partire dall’ordine del giorno che sfiduciò l’ex magistrato dirigente Valeria Pierfelici. Circostanze che, si seppe all’epoca per bocca dello stesso Marco Gatti, erano già state portate all’attenzione del consesso internazionale e, dopo la valutazione, non avevano dato adito a nessun procedimento verso il Titano. Anche le carte, al Coe, le hanno già, lo ha detto Gatti stesso ieri. Tra l’altro la narrazione politica – a tratti distorta, che può andare bene per fare folclore a San Marino costruendo il castello del complotto sui “chissà come mai?”, “guarda che coincidenza”, “sarà un caso?”, interiezioni con cui vengono conditi i discorsi a volte anche leggendo alla rovescio ciò che dicono sentenze, norme e ordini del giorno – non riguarda lo stesso problema sollevato dalla lettera circostanziata di 9 magistrati più il dirigente, inviata al segretario generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejcinovix Buric. In quel documento il problema sollevato è uno soltanto: la violazione della separazione dei poteri attraverso l’ingerenza politica nella sfera di autogoverno della magistratura. E in quella lettera questo viene dimostrato da fatti, riferimenti normativi e richiami alle raccomandazioni e sentenze degli organismi sovranazionali: Coe, Cedu, Greco.

Si vedrà se le sfuriate parlamentari di esponenti di maggioranza e le narrazioni trasferite sulla carta, basteranno a convincere gli organismi sovranazionali della “bontà” di una legge che cambia i numeri del Consiglio giudiziario, che retroattivamente ne vuole annullare le deliberazioni e caccia tre giudici regolarmente nominati in un colpo solo.

Intanto sul Titano continuano a raccontarla, finché c’è ancora qualcuno che ci crede.

Così, nel finale di dibattito del comma comunicazioni, gli interventi degli esponenti di maggioranza sono stati feroci. Ha cominciato “mister preferenza” Matteo Zeppa a costruire il castello basato sugli intercalare “Strano. Sono cose molto strane”.

“E’ successo che qualcuno ha fatto una forzatura non normata e da lì in poi è partito il caos” dice Gian Matteo Zeppa di Rete che poi, as usual, insinua: “Mi fa sorridere che la stragrande maggioranza dei magistrati negli allegati portano solo una parte, citano come mezzo di informazione L’Informazione. Strano. Sono cose molto strane. Sulla ricostruzione di un giornalista, Rf legittima quell’articolo frapponendo un’interpellanza. Se si mettono i pezzettini insieme, qualcuno incomincia a fare uscire le cose a livello interno ed esterno”.

E’ vero che per il presidente di una Commissione affari di giustizia una lettera come quella dei giudici, seppure molto chiara, può essere di difficile comprensione, ma non esprimere neppure una parola nel merito delle questioni sollevate e non manifestare neppure un briciolo di preoccupazione, dovrebbe far riflettere.

E preoccupazione, invece, la esprime Marica Montemaggi, di Libera, per il nulla che il governo sta facendo sul piano economico: “Se da una parte il potere giudiziario può portare avanti delle proprie istanze se si ritiene leso nel proprio potere, il nostro Paese ha bisogno di tante altre cose; se da una parte parlare di giustizia può essere conveniente per qualcuno, perché permette di non ragionare sulle mancanze di questo Governo, io non vedo prospettive ed è questo che mi preoccupa. Il mio appello si rivolge a chi in maggioranza non vuole concentrare tutte le forze in una sola battaglia, ma ha la capacità e la visione di risollevarci dalle ombre”.

Poi è toccato al Segretario di Stato Roberto Ciavatta che forte di giacca e cravatta ha detto, testuali parole: “Noi ci facciamo forti del rispetto delle nostre istituzioni”. E già qui ci sarebbe da richiamare la precedente legislatura e le precedenti Reggenze, a partire da quella Zavoli-D’Ambrosio, per chiedere l’attestazione di tutto il rispetto che in certi frangenti hanno manifestato alcuni esponenti di Rete per le istituzioni.

“Il Consiglio si è sempre alzato in presenza della Reggenza. Non lo fanno i giudici in Consiglio Giudiziario”, ha aggiunto Ciavatta.

Di sicuro una alzata singolare la fece lui, quando, a proposito di rispetto per la Reggenza e per le istituzioni, si alzò e se ne andò sbattendo la porta dall’Ufficio di presidenza, non prima di avere insultato pesantemente l’allora consigliere Matteo Fiorini, alla sua maniera.

Però, lo ha pure sostenuto, gli epiteti non contano, soprattutto se li pronuncia un retino. Perché? Ha spiegato anche questo: perché loro sono i buoni e tutti gli altri i cattivi che, se si sottomettono si può dialogare, altrimenti no. Ha detto infatti Ciavatta, dopo un po’ di classico vittimismo – sulle persecuzioni a Rete, sui loro scritti passati al setaccio, sulle denunce, tra l’altro oggi ridimensionate da ritiri di querele ad hoc – “Io credo che da questa cosa qua usciamo solamente insieme. Noi ci saremo come interlocutori – ha avvertito Ciavatta – per chi vuole superare questa situazione. Non c’è interesse a dialogare con quelle persone che sono il male del Paese e prestano il fianco ai profittatori”. Insomma: noi siamo il bene e chi ci sta sulle scatole è il male. 

Di certo annoverato nelle fila del bene c’è Giancarlo Venturini con il quale Ciavatta pare consolidare sempre più l’asse iniziato ai tempi del coretto di “Bandiera rossa”.

Sta di fatto che fra i cattivi Giancarlo Venturini Pdcs, ci mette di certo i giudici firmatari della segnalazione al Coe: “Una missiva che trovo gravissima. Ci sono rilievi critici che sono una strumentalizzazione verso la posizione di alcuni consiglieri. Altro elemento: viene contestata la legge qualificata numero 1 del 2020. Vorrei ricordare che la legge prevede la composizione del Consiglio giudiziario in numero paritario tra parte togata e politica: questa è la scelta fatta dal legislatore. Oggi questa è, e come tale va rispettata dai magistrati. Si manifesta la volontà di rivedere la composizione, arrivando quasi a volerla determinare loro. Dicono che vi sia l’ingerenza della politica. Tutto questo è molto grave e potrebbe mettere in seria difficoltà il nostro Paese”.

Poi aggiunge: “La rappresentazione che viene fatta è parziale e riguarda solo i primi mesi di questa legislatura e non tiene conto del passato e dell’inizio di questa vicenda, che risale al 2017 e alla rimozione del magistrato dirigente”.

Ma il punto, nonostante la si voglia dare ad intendere non è quello. Il punto lo centra il Consigliere di Npr, Iro Belluzzi, che torna sulle motivazioni che lo hanno portato ad esprimere voto contrario nel Consiglio Giudiziario Plenario rispetto al colpo di mano preparato dalla maggioranza. Parte da una frecciata, pur non citandolo, al consigliere avvocato Gian Nicola Berti, più avvezzo a vedere conflitti di interessi degli altri, anche laddove non ci sono, piuttosto che a interrogarsi sui suoi, spesso evidenti. “Tante volte mi sono domandato – ha detto Iro Belluzzi – anche in funzione di chi è presente all’interno dell’Aula: un avvocato è più legato e rispondente alla fedeltà verso il cliente oppure alla fedeltà verso le istituzioni? Era capitato di assistere ad un clima nell’Aula consigliare da aula di tribunale. Credo che la grevità del linguaggio nei confronti di uomini e donne – che ricoprono istituti importanti – vada soltanto a nocumento dell’intera Repubblica.

Il problema è quello della certezza normativa. E l’incertezza normativa porta a creare quella confusione nel dibattito che dopo 7 mesi ancora purtroppo occupa l’Aula. Si è ragionato molto su come applicare la legge numero uno, si è stati fermi dal febbraio scorso fino a qualche giorno fa. Nel Consiglio Giudiziario si è cercato di dare a quella norma la piena attuazione, cosa che non era stata concordata all’interno del Parlamento. Non sarebbe stato il caso, invece di farsi scavalcare da una parte del tribunale, muoversi di moto proprio affinché la politica andasse a verificare la costituzionalità di quella norma? Facciamo tutti i passaggi che devono essere fatti. A questo punto mi sembrano non più rimandabili. Una procedura è stata avviata. Una verifica è stata avviata. Agire per il bene e la reputazione della Repubblica e in funzione del mandato popolare e del mandato parlamentare e della propria coscienza rispettosa delle istituzioni”.

Critica la posizione di Maria Katia Savoretti di Rf: “Oggi è chiaro che la legge numero 1 avrebbe avuto effetti retroattivi perché quello era lo scopo che si voleva raggiungere. Una legge non applicata dai giudici, ma dai politici con l’obiettivo forse di cacciare qualche giudice scomodo, anziché mettere mano a una giustizia che non funziona come dovrebbe”.

Poi il Segretario di Stato Marco Gatti: “Il mio esposto al Consiglio d’Europa ha notevoli differenze nell’approccio. La deriva era partita già da prima, da quando era partito il Mazzini. Allora Pasquale Valentini in Consiglio disse: chi stiamo servendo? Da lì un organismo che dovrebbe fare giustizia ha iniziato a fare politica. Da lì sono iniziati i processi sui giornali. Il mio esposto non lo avete visto sulla stampa. A me è costato tanto andare a denunciare quella che sarebbe stata la deriva della Repubblica, ma l’ho fatto nel silenzio”. Per la verità nel dibattito consigliare più di una volta ventilò l’idea che poi attuò.

Ma nella scorsa legislatura funzionava così. C’era sempre qualcuno, solitamente politico, che faceva esposti per conto di qualcun altro. Era successo – già che si vuole andare a ritroso – anche quando Roberto Ciavatta andò a presentare denunce, per delle affermazioni pronunciate dall’allora Magistrato Dirigente in Commissione affari di giustizia, non avendolo fatto lei prima. E allora Marco Gatti prosegue: “Questa è la grande differenza. Per me c’è il rispetto verso la Repubblica. Per tanti questo problema non esiste. Quello è un atto politico. Non sono andati attraverso le vie giurisdizionali che gli competono”.

Per la verità neppure la maggioranza è andata per vie giurisdizionali, volendo d’imperio applicare una legge deliberandolo a maggioranza politica. “Quello che è stato fatto in maniera illegale deve essere rimosso”, aggiunge. Ed è qui il punto: perché vuole essere la maggioranza politica a dire ciò che è illegale, illegittimo e cosa non lo è. Perché finora, a parte la politica e qualche avvocato, nessuna pronuncia giurisdizionale ha sancito che quegli atti fossero illegittimi. Comunque Marco Gatti aggiunge: “A livello internazionale non siamo preoccupati: se si leggono le documentazioni che hanno già da tempo e che non abbiamo ritirato. Questa integrazione ci darà la possibilità di riattivare il processo e vedere come si è evoluto per capire se ci sono state forzature”. A suo tempo, però, quelle carte le lessero, e non ravvisarono necessità di intervenire.

Mirko Dolcini Domani – Motus Liberi: Se si puntano i riflettori sulla giustizia si fa solo spettacolo”. Poi, voce fuori dal coro in maggioranza ha aggiunto: “Esprimo solidarietà nei confronti di Iro Belluzzi. Come persona si può difendere benissimo da solo. E non nei confronti della sua posizione. Ma sulla possibilità di ogni consigliere di potere avere una posizione di coscienza autonoma e non legata necessariamente al partito. Posizione che può cambiare da un secondo all’altro. E’ sui progetti di riforma del Paese che vanno puntati i riflettori”, ha concluso.

Al termine del dibattito sono stati pesentati due ordini del giorno. Uno della maggioranza, che chiedeva appunto di presentare integrazioni all’esposto che fece Marco Gatti, che possano completare il quadro ritenuto “parziale” dalla maggioranza tracciato dall’esposto dei giudici. Ordine del giorno approvato dalla maggioranza. Contrarie le opposizioni.

Il secondo odg è stato presentato da Repubblica Futura, e chiedeva di posticipare la convocazione del Consiglio Giudiziario Plenario in attesa del Consiglio Giudiziario Ordinario; di attendere i responsi del Consiglio d’Europa prima di proseguire con atti e deliberazioni; di favorire nuovi momenti di confronto e dialogo fra poteri legislativo e giudiziario”.

L’ordine del giorno di Rf è stato respinto dalla maggioranza.

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy