RASSEGNA STAMPA – L’Accordo di Associazione alla Unione Europea ci porta a riflettere sulla sovranità, riconosciutaci già nel Cinquecento.
- Papa Paolo III, per armare navi contro i Turchi, impone a ogni luogo – San Marino compreso – l’acquisto del sale dalla Santa Sede a un prezzo enorme. Ovunque proteste, ribellioni. I sammarinesi invece rispondono sì al papa in quanto Sommo Pontefice, da “buoni cristiani”. Chiedono, però, che in un documento ufficiale (Breve) riconosca che loro non hanno sopra di sé alcuna autorità in ambito politico (neminem superiorem recognoscentes in temporalibus). Una mezza dozzina di sammarinesi (con ‘laurea’ a Bologna o Perugia) si alternano per 10 anni davanti a funzionari della curia papale sorpresi, infastiditi per doversi impegnare manco – sbotta uno di loro – avessero a trattare con Venezia.
Dapprima riescono a inserire la ‘formula’ in un accordo economico (Patente) firmato dal Camerlengo (Finanze), un nipote di Paolo III uso a incassare senza perdersi in ammennicoli. Poi il contenuto della Patente lo mettono in una ‘supplica’ per la Segnatura Apostolica (‘tribunale’ su materie religiose: indulgenze, reliquie, ecc.) presieduta dal Sommo Pontefice. Aspettano il giorno in cui a illustrare le pratiche è di turno un Referendario da loro pre-contattato e istruito. Paolo III sigla. Il 16/10/1549, l’agognato Breve.
Il Referendario è Tommaso Campeggi (fratello cardinale!), giurista, vescovo, nonché – lo si è appreso da poco (*) – “notaio imperiale” con “potere di legittimare i figli naturali dei nobili”. Anche “un papa ne usufruirà”.
Questo il contesto del primo riconoscimento della ‘sovranità’, una conquista della intellighenzia sammarinese.
Marino Cecchetti
(*) M. Rizzi, Corriere della Sera, 24/8/2024
Articolo tratto da L”informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 23
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