San Marino. “L’accordo di associazione all’Ue conviene perché è necessario”

San Marino. “L’accordo di associazione all’Ue conviene perché è necessario”

“L’accordo di associazione all’Ue conviene perché è necessario”

Intervista a Michele Chiaruzzi, Direttore del Centro di Ricerca per le Relazioni Internazionali dell’Università

La scorsa settimana in seduta segreta in Commissione consiliare si è discusso lo stato di avanzamento del negoziato per l’accordo di associazione con l’Unione europea. Parallelamente sono stati fatti già due incontri pubblici per illustrare alla popolazione il quadro dell’accordo e che cosa cambierà una volta che sarà siglato e operativo. A moderare gli incontri con la popoalzione, che avranno cadenza mensile fino a giugno, il professor Michele Chiaruzzi, Direttore del Centro di Ricerca per le Relazioni Internazionali dell’Università di San Marino. Lo abbiamo intervistato per approfondire alcuni aspetti del dibattito in corso.

L’accordo di associazione all’Ue sarà un passaggio epocale per San Marino. La prima domanda, forse banale ma diretta, che si pongono i sammarinesi è: ci conviene? Lei che dice? “Conviene perché è necessario. San Marino esiste in Europa. Dieci anni fa non è stata l’Unione a sollecitare un rafforzamento delle relazioni verso una maggiore e migliore integrazione coi piccoli Stati, bensì il contrario. L’accordo di associazione dovrebbe essere il risultato condiviso tra San Marino, Andorra, Monaco, l’Unione e i 27 Stati che la costituiscono, Italia compresa. Giudicare sconveniente un accordo nato per soddisfare certe necessità sammarinesi nel contesto europeo sarebbe, a questo punto, per tutti sor- prendente e per alcuni negativo. Queste necessità d’altronde non sono affatto nuove. Furono riconosciute già nel 1973 dal Segretario per gli Affari Esteri Gian Luigi Berti. Egli parlò – credo per primo – di almeno concretizzare, pur con le dovute cautele, entro breve tempo, un ruolo di «associato» per San Marino. Il tempo non è stato breve ma il concetto, condiviso col successore Giordano Bruno Reffi, era già chiaro: cogliere i benefici comuni derivanti dall’integrazione europea, associandosi ad essa. Per Berti San Marino aveva due scelte, secondo lui decisive e alternative. O inserirsi nell’Europa comune oppure estraniarsi, adeguandosi a una vita marginale, priva di contenuto attivo, rassegnata e subordinata alla comprensione sociale e materiale altrui, finché questa dura. E sottolineo finché questa dura”.

Quale significato ha avuto la recente visita a San Marino del Vicepresidente della Commissione Ue Maroš Šefčovič? “Ha significato la massima determinazione dell’Unione per concludere l’accordo, collocandolo nel contesto di una fase drammatica e inedita della vita europea causata dall’aggressione russa proprio contro uno Stato associato all’Unione Europea qual è l’Ucraina. Egli ha riconosciuto la capacità sammarinese di capire l’ineludibile gravità di questo contesto aiutando, coi propri mezzi, lo sforzo dell’Unione a fronteggiare una sfida esistenziale d’interesse comune. Prova più recente, pochi giorni fa, è stata la posizione sammarinese alle Nazioni Unite quale cosponsor della risoluzione che chiede, tra l’altro, il ritiro immediato, completo e incondizionato delle forze militari russe dai confini internazionalmente riconosciuti dell’Ucraina”.

In una riflessione su queste pagine abbiamo commentato come il negoziato per l’accordo di associazione di San Marino all’Ue sia un banco di prova, oltre che per il Titano, anche per la stessa Unione, è un’analisi condivisibile? “È condivisibile perché dimostra consapevolezza dei profondi cambiamenti che incorrono in Europa. Va ricordato che tutti in Europa devono affrontare la guerra e i suoi effetti, ma l’Unione deve anche gestire le relazioni col Regno Unito, cioè il primo Stato che ha scelto di uscire dall’Unione stessa con gli esiti traumatici che tutti conosciamo. L’Unione gestisce anche complesse relazioni con la Svizzera nonché, al tempo stesso, un processo d’allargamento agli Stati dei Balcani occidentali. In questo quadro l’accordo di associazione con San Marino è uno dei banchi di prova che, se superato, dimostrerà capacità di successo anche in questa fase critica e l’abilità di offrire soluzioni efficaci a questioni differenti. In particolare, l’Unione realizzerebbe la sua solenne dichiarazione che afferma di tener conto della situazione particolare dei piccoli Stati con cui ha specifiche relazioni di prossimità”.

Pensa che sarà necessario un passaggio referendario, come molti chiedono, prima di sottoscrivere l’accordo? “Se non erro, la legge sammarinese non ammette che i trattati internazionali siano sottoponibili ad alcun referendum e l’accordo di associazione è un trattato internazionale. Avendo massimo rispetto della legge, espressione della volontà popolare democra- tica e sovrana, ciò che penso è indifferente”.

Le serate organizzate dalla Segreteria agli Esteri hanno mostrato, oltre agli aspetti sa- lienti dell’accordo, una volontà politica che, a prescindere dagli schieramenti, ha attraversato diverse legislature con una convinzione univoca nel proseguire il percorso. Quella dell’associazione all’Ue è davvero l’unica strada per San Marino? “Ogni strada non ha valore in sé, ma dipende dal percorso che si vuol fare per raggiungere una meta stabilita. Se la meta stabilita è una maggiore e migliore integrazione europea, allora l’unica strada esclusa è quella che non porta in Europa ovvero conduce a dov’eri prima per custodire la situazione attuale. La strada dell’associazione è emersa come via di compromesso per una posizione comune d’interesse generale, condivisa con l’Unione. La Repubblica l’ha definita in un decennio interessante e anche travagliato, segnato dal dibattito interno e dal confronto europeo, da un referendum, e da svariati atti politici d’indirizzo – frutto di discussioni politiche e parlamentari anche di notevole caratura – sia a San Marino, sia a Bruxelles, sia in Andorra. Giudico la nostra strada una via media tra le cinque strade possibili ricordate durante la prima serata. Ciò detto, va ricordato che oggettivamente la via maestra per l’integrazione nell’Unione europea è l’adesione”.

Il negoziato con l’Ue costringerà San Marino a rinunciare alla sovranità che custodisce gelosamente da secoli? “Chi stringe accordi internazionali non rinuncia alla sua sovranità, bensì la afferma valorizzandola. La Repubblica si è fatta sovrana proprio nella politica europea, decisiva nei secoli e specialmente in momenti storici cruciali come quello che stiamo vivendo. Il discorso sulla perdita di sovranità tradisce, a mio giudizio, una certa incomprensione sia della nostra storia sia della sovranità. Nessuno degli Stati associati all’Unione ha rinunciato alla propria sovranità, viceversa essi non si sarebbero mai associati. Peraltro ogni Stato sovrano – come noi siamo e resteremo – può sempre recedere da un trattato internazionale qual è l’accordo di associazione. In quanto al negoziato, una massima valorizzazione della nostra sovranità potrebbe essere – a mio giudizio – l’istituzione di un comitato parlamentare di associazione composto da membri del Consiglio Grande e Generale e del Parlamento europeo. Questo perché il parlamento è una massima espressione della sovranità popolare nella politica democratica e la Repubblica di San Marino è, secondo le Nazioni Unite, una testimonianza eccezionale di democrazia rappresentativa, tanto da farne persino patrimonio dell’umanità”.

Il nodo dell’entrata in vigore dell’accordo è un aspetto importante. Se davvero il negoziato si concluderà a breve e entro l’anno verrà siglata l’intesa, poi quanto tempo ci vorrà perché l’accordo diventi operativo? “È impossibile dirlo ora. Dipende dal tipo d’accordo che si concluderà, se «misto» oppure no. Un accordo «misto» – come sono di solito gli accordi di associazione – è un accordo che per la sua entrata in vigore necessita della ratifica sia delle istituzioni europee sia dei singoli Stati membri, presupponendo perciò la ratifica dei ventisette parlamenti nazionali. Tale ratifica sottopone l’accordo a un’imponderabile incertezza temporale, anche solo a tener conto del numero di parlamenti nazionali tenuti alla ratifica (27) e considerando che ciascuno è sottoposto a specifiche dinamiche interne e internazionali. Si potrebbe tuttavia evitare questa incertezza prevedendo una clausola d’applicazione in via provvisoria, la quale, detta in breve, consentirebbe all’accordo di entrare in vigore a prescindere dal resto. Nel caso in cui l’accordo non fosse misto la questione non si pone e la Repubblica diventerebbe subito uno Stato associato all’Unione Europea”.

Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino. Intervista pubblicata integralmente il giorno dopo

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy