Crisi politica a San Marino, Alessandro Rossi (ex Npr, ora Demos): “La politica ha necessità di recuperare fiducia”

Crisi politica a San Marino, Alessandro Rossi (ex Npr, ora Demos): “La politica ha necessità di recuperare fiducia”

Un protagonista, suo malgrado, dell’attuale ingarbugliata situazione politica a San Marino è Alessandro Rossi.

 L’ex consigliere e Capitano Reggente di Sinistra Unita, nel 2019 si è candidato tra le fila di Noi per la Repubblica arrivando non lontano dagli eletti in Consiglio. Con il rimpasto di governo potrebbe addirittura entrare in Aula come ripescaggio, nel caso (quasi certo) che al posto dei dimissionari segretari di Rete venga eletto un membro di Npr. Nel frattempo però Rossi ha lasciato la lista di maggioranza, contribuendo a creare con l’ex consigliere di Rete Grazia Zafferano il movimento Demos che attualmente è opposizione. Quindi un suo ingresso in Aula comporterebbe per la nuova-vecchia maggioranza la perdita di un prezioso voto.

Ecco quindi il suo commento circa l’attuale situazione politica. 

“La Legge elettorale del 2007 ha come titolo: “DISPOSIZIONI PER LA VALORIZZAZIONE DELLA VOLONTA’ DEI CITTADINI E PER LA PARITA’ IN MATERIA DI ELEZIONI E CAMPAGNE ELETTORALI!
Ovvero l’obiettivo era quello di valorizzare il potere di scelta del cittadino, togliere il più possibile la discrezionalità della classe politica eletta nella formazione del Governo.
Questa legge ha funzionato benino nel 2008 e nel 2012, ma nel 2016 ha mostrato tutto il suo potenziale distorsivo.
La legge tramite il ballottaggio ha assegnato 15 Seggi di premio di maggioranza alla coalizione vincente, effettivamente troppo discrepante tra volontà espressa il primo turno e quella espressa al secondo, e soprattutto Consiglieri nominati con pochissimi voti e quindi poco rappresentativi del corpo elettorale
I partiti che hanno subito questa distorsione, nel 2016, hanno promosso un referendum per introdurre una fase intermedia tra primo e secondo turno, dove le forze politiche possono accordarsi per definire una maggioranza (ma attenzione non “coalizione vincente”, dove per vincente si intende scelta dai cittadini).
Le condizioni per le quali questa maggioranza possa essere ritenuta valida tramite questo accordo sono tre:
1) la composizione della maggioranza deve avvenire solo tra forze che prima delle elezioni si erano rese disponibili a formare maggioranze senza coalizioni vincenti tra il primo e il secondo turno.
2) la composizione deve essere costituita da Liste e/o Coalizioni composte così come si sono presentate agli elettori.
3) la maggioranza deve contare su 35 seggi.
Con queste condizioni si è potuto insediare un governo senza ballottaggio in assenza di una “coalizione vincente” scelta dagli elettori.
Sono queste le condizioni per le quali la Maggioranza ha potuto votare un Programma di Governo e un Congresso di Stato legittimo.
La legge del 2007 prevedeva anche una misura “antiribaltone”, che nella fretta del legislatore non è stata “raccordata”.
Ovvero non si possono formare maggioranza diverse da quelle votate dagli elettori, ma in questo caso purtroppo non ci sono maggioranze direttamente scelte dagli elettori.
Per lasciare uno spazio di manovra alla politica la Coalizione Vincente (ovvero quella che poteva guadagnare il premio di stabilità, ovvero i 35 Seggi, ovvero quella votata direttamente dai cittadini) poteva andare avanti anche solo con 3O Consiglieri, come è successo nel 2012.
L’articolo 9 che disciplina le condizioni di scioglimento del Consiglio parla di “coalizione vincente”, che in questo caso non abbiamo, a rigor di logica e di buon senso rimangono valide le condizioni di legittimità definite per l’insediamento iniziale, ovvero le 3 ricordate sopra.
Ora si può decidere tra interpretazione restrittiva ovvero a favore del potere diretto degli elettori ed una interpretazione aperta alle volontà della politica e allo schema classico delle regole democratiche.

La prima preserva lo spirito della legge, ovvero sono i cittadini che decidono il governo, ovvero devono permanere le condizioni che hanno permesso di evitare il ballottaggio, altrimenti lo si sarebbe dovuto celebrare nel 2019.
La seconda lascia la palla in mano alla maggioranza con 30, non appellandosi a nessuna regola scritta e quindi lasciando campo aperto con i soliti giochini.

Ovvero la lotta per tenere il potere o supposto tale il più a lungo possibile.
Motus era insieme a RETE e oggi non lo sono più. I cittadini che li hanno votati dovranno essere loro a cittadini a decidere chi dei due ha fatto la scelta sbagliata o meno, oppure si può tirare avanti sulle spalle dei cittadini e poi questi potranno decidere a fine legislatura? (Motus potrebbe anche optare anche per un allungamento della stessa visto la propria strenua dedizione al governo).

I cittadini hanno votato NPR, non Alleanza Riformista, ne tantomeno la nuovissima aggregazione Socialista, dovranno essere loro a stabilire chi ha fatto la scelta migliore subito, oppure dovranno aspettare la fine della legislatura?
Ma non erano i cittadini che dovevano scegliere i Governi?
Chi li legittima a governare? Quale è la condizione?

La condizione non è scritta, le uniche condizioni scritte sono quelle dell’insediamento, il legislatore è stato distratto (forse voleva andare subito al voto per andare al governo).
Allora perché andare avanti?
Non è un caso simile a quello del Magistrato Dirigente defenestrato da un Ordine del Giorno del Consiglio Giudiziario.
Anche quella possibilità di revoca non era scritta.
Ma tutti gli organi amministrativi possono revocare il proprio Dirigente, ed è stato fatto, e si è gridato al “Colpo di Stato”.
Oggi si vuole tirare avanti, ma non c’è scritto, le interpretazioni sono analoghe, un organo delegato rimane in carica finché c’è la maggioranza semplice che lo sostiene. (caso lo ripeto molto simile a quello del Magistrato Dirigente).
Ma facendo valere le regole “ordinarie” si contravviene alle regole che hanno permesso all’insediamento, le regole che volevano dare il potere di scelta agli elettori e non ai partiti.

(Così come nel 2018 si violò la regola della inamovibilità del Magistrato Dirigente, distinguendo tra funzioni di Magistrato e quelle di Dirigente).
Non è scritto, ma il buon senso dice che in situazioni critiche occorre creare fiducia, e non aizzare lo scontro, come avvenne nel 2018.
Il buon senso dice che se si va avanti non sono certo gli elettori a deciderlo.
Di fronte a questo passaggio delicato ci sarà una presa di coscienza ed una illuminazione dialogante da parte delle forze politiche, oppure si paleserà ancora una volta la povertà intellettuale della classe dirigente Paese per cui tutto si risolve in un gioco vuoto delle parti per il Potere vuoto? E si andrà di nuovo allo scontro?

I magnifici 8 per me possono restare anche in sella, magari con due tecnici scelti dalle opposizioni che vorranno starci, ma devono proporre una soluzione politica.

Il paese ha bisogno di progetti di sviluppo e di una forte capacità riformista che si può solo recuperare attraverso la partecipazione dei cittadini.
Il Paese ha bisogno di una scelta oculata verso l’orizzonte europeo e sarebbe opportuno farla insieme.
La politica ha necessità di recuperare fiducia e i cittadini devono ritrovare la volontà di fare politica perché fare politica significa essere parte di un Paese e condividere un Destino Comune.

Dobbiamo recuperare il Debito, dobbiamo riorganizzare lo stato verso l’innovazione.
Davvero pensiamo che si possa fare tutto questo in un clima di sfiducia e di incertezza?

Una buona regola, sempre valida, può essere quella che considerata la lacuna normativa, la Reggenza prenda in mano il pallino e apra un giro di “verifiche” tecniche e con le forze politiche e poi scelga la strada che ritiene migliore per il Paese, certo è una grande Responsabilità, ma la storia ha sempre del Paese ha sempre avuto dalle coppie Reggenziali la migliori risposte per il Paese.

Di sicuro non è accettabile che lasciare in mano la scelta ad un organo sul quale gravano incertezze di non piena legittimità”.

 

Alessandro Rossi

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