MARINO CECCHETTI – «Hanno rubato al popolo sammarinese 1.576.740.000 [euro, ndr] e hanno infangato il nome della Repubblica». A scriverlo Emilio Della Balda. Cotanta indignazione è esplosa dopo la sentenza d’appello del Conto Mazzini, che con un colpo di spugna ha chiuso la “tangentopoli sammarinese”. Della Balda (ex Capitano Reggente, 17 anni in Congresso di Stato) ha continuato: «Non ci rendiamo conto che l’enorme debito pubblico» che ne è derivato, «per giunta estero, cade sulle spalle di tutti i cittadini per sempre?».
Gli ha fatto eco Luigi Lonfernini: dove sono finiti tutti quei «milioni di euro?».
Lonfernini, (ex Capitano Reggente, 12 anni in Congresso di Stato) rileva come in tutto questo disastro non sia ancora emersa «una “gola profonda” pentita che possa raccontare».
Di fatto, nel Paese, nessuna vera protesta.
Fino a una decina di anni fa non era così. Alcuni giovani, ad esempio, denunciavano il silenzio che «implicitamente avvalla l’illegalità», scrivendo: «È vergognoso che la maggior parte dell’opinione pubblica non provi alcun risentimento per dei fatti che mettono a repentaglio non solo la nostra reputazione, ma addirittura la sopravvivenza del nostro Stato». Un padre, dopo aver elencato gli scandali tipici del sottobosco politico affaristico, di rimando confessava: «Guardo i miei figli e mi vergogno di aver permesso tutto questo e di aver pensato solo al mio ‘posto sicuro’ facendo finta che tutto andasse per il verso giusto».
Ritorniamo all’oggi. «Ma che Paese abbiamo ridotto?» si chiede Della Balda: «non c’è dibattito, non c’è confronto, non c’è indignazione». Silenzio. Eppure hanno appeso una macina di oltre 1 miliardo e mezzo di euro al collo del Paese, cioè di oltre 45mila al collo di ciascuno di noi.
Articolo tratto da L’Informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 23
