Offshore – Accordi in ordine sparso sul segreto bancario, Ivo Caizzi, Corriere della Sera

Offshore – Accordi in ordine sparso sul segreto bancario, Ivo Caizzi, Corriere della Sera

Corriere della Sera

Offshore – Accordi in ordine sparso sul segreto bancario

Of’f’shore Accordi in ordine sparso sul segreto bancario Berna convince anche Londra. E I’Ue…  

Ivo  Caizzi
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Dopo il clamoroso scontro con il colosso Ubs, gli Stati Uniti continuano con determinazione l’attacco alle banche svizzere che nascondono i depositi di evasori fiscali Usa dietro il segreto bancario.

L’Unione europea, invece, procede lentamente e con molta condiscendenza, sia attraverso le istituzioni di Bruxelles, sia al livello dei singoli governi. La settimana scorsa è stato annunciato che, dopo la Germania, anche la Gran Bretagna ha concluso uno di quegli accordi bilaterali con cui la Confederazione elvetica sta cercando di difendere il suo segreto bancario per continuare ad attirare denaro nero dal resto del mondo. Una trattativa analoga è stata proposta anche al ministro dell’Economia Giulio Tremonti.

Il commissario per la fiscalità, il lituano Algirdas Semeta, dovrebbe risolvere il problema dell’evasione transfrontaliera convincendo i governi Ue a potenziare al massimo l’apposita direttiva, nata come un «colabrodo» per la tradizionale disponibilità di tanti governanti a venire incontro alle esigenze della Svizzera. Ma accordi bilaterali come quelli della Germania e della Gran Bretagna non aiutano la coesione tra i 27 Paesi membri. La Svizzera mette sul piatto ritorni economici ingenti proprio perché così tenta di allentare le pressioni internazionali e divide il fronte dei Paesi Ue.

Stavolta però la pesante crisi finanziaria, che costringe molti governi dell’Eurozona a imporre dure misure di austerità, può generare tensioni sociali e crescenti indignazioni tra i cittadini. Non sarà facile spiegare perché l’Europa non recupera con determinazione l’enorme evasione fiscale nascosta nelle banche svizzere. In Italia c’è il rischio che gli elettori si ricordino degli anni Ottanta, quando gli evasori fiscali nazionali scoprirono in massa l’uso delle società anonime offshore dislocate nei paradisi fiscali (spesso vendute e gestite direttamente da banche svizzere o della City di Londra). Non si capiva perché i governi non intervenissero per reprimere un fenomeno così deleterio per i conti pubblici nazionali. Poi le Archivio Unione Europea inchieste di Tangentopoli svelarono che i principali partiti (e i loro leader) usavano le banche svizzere e i paradisi fiscali per incassare tangenti estero su estero. In sostanza i governi italiani, se avessero fatto la voce grossa con Berna, avrebbero rischiato di veder venire alla luce i loro segreti inconfessabili.

Certo, nessuno può affermare o dimostrare che la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier britannico David Cameron siano stati in mala fede quando hanno concesso gli accordi bilaterali annunciati con grande soddisfazione dalle autorità elvetiche. Anche perché sulla vicenda non è detta l’ultima parola. Semeta è obbligato a verificare la compatibilità con la normativa Ue di questi patti bilaterali. E i Parlamenti di Berlino e Londra dovranno ratificarli, magari spiegando ai cittadini perché non attuano una linea più dura per recuperare l’evasione fiscale in Svizzera.

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