L’instaurazione di un buon rapporto fra Banca d’Italia e Banca Centrale della Repubblica di San Marino, è stato sempre considerato fondamentale per San Marino da quando questa ha deciso di puntare il suo sviluppo sul finanziario senza – inopinatamente? – precostituirne le basi con un chiaro accordo almeno con l’Italia.
Tutti i Presidenti di Banca Centrale, da Antonio Valentini a Renato Clarizia, si sono vantati di intrattenere ottimi rapporti con Roma, direttamente o attraverso i Direttori Generali, Luca Papi e Mario Giannini, sino a fare ingelosire i politici pro tempore.
Adesso, solo adesso, la Repubblica di San Marino comincia – ma troppi politici sono ancora distratti da altro – comincia, forse, a prendere atto che l’accordo del 26 settembre 2009 costituisce una ferita mortale per la sovranità della Repubblica.
Si è accettato quello sciagurato accordo perché Gabriele Gatti, Segretario di Stato alle Finanze (con altri), aveva – si fa per dire – ‘intortato’ il Paese facendo balenare la mirabolante prospettiva per le banche e le finanziarie (in totale 72 soggetti) di operare già l’indomani anche nella penisola italiana per poi allargarsi a tutta Europa.
Lunedì si è appreso che quella ‘resa sua sponte’ del 26 novembre 2009 non ha alcuna contropartita.
Così si spiega il silenzio glaciale del Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Antonella Mularoni, che di quell’accordo del 26 novembre 2009 è formalmente la principale responsabile di fronte alla storia, anche per non aver mai dato alcuno spazio ad alcuna critica e tanto meno al suggerimento di non procedere alla ratifica da parte del Consiglio Grande e Generale prima di una sostanziale modifica, concordata con l’Italia.
Il sistema finanziario sammarinese era arrivato a contare – l’ultimo nel 2009 – 72 ‘soggetti autorizzati’: dodici banche e sessanta tra finanziarie, fiduciarie, società di gestione, compagnie
d’assicurazioni.
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