Adriano Pace, già direttore della ex Banca
del Titano (ora S.M.
International Bank), non ci sta a diventare capro espiatorio della scandalosa vicenda
costata allo Stato di San Marino oltre
16 milioni di euro (o forse 30).
Pace – contrariamente agli altri due accusati di truffa, Stefano
Marangoni e Maurizio
Frezza – non ha parlato, disattendendo le previsioni, nemmeno nell’udienza di ieri davanti al Commissario della Legge dr. Roberto Battaglino (decisissimo ad evitare la prescrizione). Però, per l’imputato Pace, sono intervenuti, con lucide argomentazioni, i suoi due difensori, Luigi Lonfernini ed Antonello Palumbo.
La truffa non esiste, sostengono gli avvocati Lonfernini e Palumbo. Non ci sono nel processo i truffati; non c’è, nel processo, il malloppo frutto della truffa. Al più, da quanto emerso, si potrebbe parlare di gestione dell’attività bancaria non esente da pecche quanto a organizzazione. Ma non sono state riscontrate operazioni scientemente messe in atto per danneggiare la banca. Insomma la truffa non è stata … trovata. E, comunque, spettava agli organi sociali (Presidenza, Consiglio di Amministrazione, Collegio Sindacale) intervenire sulla conduzione operativa della banca esercitando le funzioni previste dalla legge sulle società e dalle leggi specifiche del settore.
I membri degli organi sociali, invece, non sono stati coinvolti nel procedimento. Non è stato possibile nemmeno chiamarli come testimoni.
Stato e nuova proprietà (Smib) rivendicano da Pace -Marangoni-Frezza la liquidazione di danni rispettivamente per 13 milioni e mezzo e per 19 milioni, senza tirare in ballo gli amministratori, i sindaci, i soci della banca. Perché? Perché verso costoro è stata esclusa l’azione di responsabilità il 25
ottobre 2007 con un atto notarile stipulato con l’assistenza – o per iniziativa? – di Banca Centrale?
Da ricordare, infine, che nel procedimento parallelo a quello sammarinese portato avanti contro gli stessi Pace -Marangoni-Frezza in Ancona, la posizione del dr. Adriano Pace è stata archiviata.