San Marino. Processo Gatti-Galassi, è il giorno delle dichiarazioni degli imputati

San Marino. Processo Gatti-Galassi, è il giorno delle dichiarazioni degli imputati

Gatti: “Credo che questo processo debba chiudersi con molta chiarezza Sono state fatte cose vergognose” Poi parla anche del caso Nuova Rete.

ANTONIO FABBRI. Ultima udienza prima delle conclusioni per il processo a carico di Gabriele Gatti e Clelio Galassi, entrambi presenti all’udienza di ieri davanti al Commissario della Legge Simon Luca Morsiani. Dopo l’audizione da remoto del testimone Silvano Innocentini, testimonianza pressoché inutile oltre che difficoltosa dal punto di vista tecnico, sono stati sentiti i due imputati. Clelio Galassi ha rilasciato dichiarazioni spontanee molto brevi. “Mi presento qui per il rispetto che ritengo doveroso all’Autorità che rappresenta, ed alla sentenza che pronuncerà. Per quanto concerne il merito, mi richiamo integralmente al mio interrogatorio svolto il 23 ottobre 2015. La ringrazio”, ha concluso Galassi.

Quindi è stata la volta di Gabriele Gatti che ha parlato per circa 40 minuti. “Prima di tutto – ha esordito rivolgendosi al giudice – la prego di perdonarmi se il mio intervento avrà caratteristiche più politiche che giuridiche. Questo nasce proprio dalla natura di questo processo che, guardando bene a tutti gli aspetti che si sono succeduti, ha avuto una natura prettamente politica. Unica parte giuridica è stata questa, in questa aula, in cui abbiamo ascoltato una serie di testimoni e qui devo dare atto che si sono fatte domande di carattere giuridico e non politico”. Quindi Gatti ha proseguito attaccando l’inquirente: “Questo processo è nato a tavolino da un incontro fra una parte della politica di San Marino e il giudice Alberto Buriani, vicino a quella parte politica – ha sostenuto Gatti – L’obiettivo era uno: dobbiamo far fuori Gatti dalla politica. Perché? Perché Gatti che è entrato in Consiglio nel 1978 è comunque un animale politico, ha sempre fatto politica e non era molto ben visto da alcuni cosiddetti poteri forti perché non era l’esecutore automatico materiale delle direttive di questi poteri forti”. Quindi ha proseguito con le sue considerazioni: “Colpire Gatti voleva dire colpire anche la Dc”. Richiama quindi un altro episodio in cui i suoi avversari politici avevano usato lo 007 Scaramella per farlo fuori politicamente. “Ma alla fine egli stesso in una lettera scrisse ai suoi committenti che non aveva trovato appigli per screditarmi, per la mia levatura morale, disse lui non so se esagerando”. In questo caso “Buriani coi Buriani boys, che poi sono venuti fuori, hanno costruito questa storia, ma da sola non bastava. Ci voleva qualcosa di più, qualcosa di clamoroso.

Ci voleva qualcosa per l’arresto ed è stato ideato a tavolino utilizzando un personaggio curioso, Giuseppe Roberti, che a volte mi faceva la guerra, a volte quando aveva bisogno di qualcosa mi adulava, e sicuramente era il grande amico di Buriani. Lui si vantava di aver portato a San Marino Buriani, Papi di Banca Centrale, Tizio, Caio e Sempronio. Quindi hanno utilizzato questo sistema: in una cena beviamo un po’ di più e si fa una registrazione, che se voi l’andate a sentire non c’è proprio niente. Non c’è niente di male in quella registrazione, ma sono venute fuori due ipotesi di reato clamorose: attentato ai pubblici poteri e associazione a delinquere. Con chi? Con quelli che mi volevano mandare in galera? Ma perché allora non sono accusato di questo? Invece associazione a delinquere e attentato ai pubblici poteri, per cui sono stato in carcere sei mesi e un po’, non vengono neppure contestati. Stendiamo un velo pietoso. Ho tenuto botta e non ho fatto quello che Buriani voleva. Si è voluta riscrivere la storia di San Marino, che non è quella che è scritta lì.

Avete fatto rogatorie, in Svizzera da tutte le parti, anche in Vaticano. Vi siete resi ridicoli su questa cosa qui – ha detto rivolgendosi all’accusa – Però io mi sono fatto sei mesi e qualcosa di carcere. Mi è stato negato il diritto ad essere sentito e il diritto di assistere a degli interrogatori. Interrogatori fatti in maniera intimidatoria. Ne abbiamo avuto conoscenza da testi venuti qui – sostiene Gatti – Avevo chiesto di sentire l’avvocato Marino Nicolini, che poteva dimostrare e dare conto dei passaggi di denaro contestati. Non è stato mai ascoltato”, sostiene Gatti.

Ha quindi ricostruito come durante il governo social-comunista diversi imprenditori non avevano di buon grado quell’esecutivo e sostennero la campagna elettorale e l’azione politica del giovane politico rampante della Dc, Gabriele Gatti. Così giustifica i contributi che passavano per l’avvocato Nicolini. Afferma comunque di non aver mai chiesto denaro. Poi fa un paio di rivelazioni: una sull’affare Nuova Rete-Banca del Titano e l’altro sulla sua attività politica al governo. “Due volte mi sono impegnato. Una per la concessione della licenza di Banca del Titano. Feci un riferimento segreto in consiglio su quella vicenda. Effettivamente c’era stato l’acquisto da parte di San Marino, quando non c’erano ancora le frequenze televisive, di Nuova Rete, perché canale 51 non era agibile e l’accordo radiotelevisivo non ancora in vigore, ma noi avevamo bisogno di quel canale. Si è poi dimostrato un affare drammatico, perché Nuova Rete era piena di debiti e Cassa di Risparmio che aveva fatto finanziato l’acquisto, pretendeva giustamente i suoi soldi. Lì ci fu la concessione di una banca in cambio di un impegno di questo nuovo istituto a chiudere quel buco che si era creato nell’acquisto di “Nuova Rete”. Buco che non poteva essere messo a bilancio dello Stato perché – ammette Gatti – era una operazione non corretta, non potevamo fare figurare che San Marino aveva acquistato l’emittente, che non potevamo acquistare per accordi internazionali. Ne vado fiero? No. Però è quello che è successo, e nelle mie tasche non è andata nemmeno una mezza lira, perché dovevamo chiudere quella cosa. Questa l’unica cosa sulla quale io sono intervenuto e l’ho in parte gestita. Ma ci andava di mezzo l’immagine del Paese che avrebbe dovuto rendere conto agli interlocutori internazionali per la violazione di un accordo internazionale.

L’altra eccezione: intervenni per bloccare a Enzo Zafferani il progetto di fare un parcheggione a Dogana. Per bloccare altre cose sono intervenuto qualche altra volta, quando la base democristiana ci diceva ‘non azzardatevi a fare quel progetto’. Non certo per soldi, forse per paura di perdere voti. Al di fuori di queste due cose qui non sono mai intervenuto.”

Quindi Gatti definisce “una buffonata” le accuse nei suoi confronti e aggiunge: “L’errore giudiziario ci può sempre stare, ma l’errore giudiziario è una cosa, il creare le condizioni per gettare fango e per estirpare dalla politica una persona indesiderata, credo che sia uno dei reati più odiosi in generale. Perché chi li commette sa di commetterli, non ha sbagliato, poi nei Buriani boys ci poteva anche essere qualcuno in buona fede”. Il giudice Morsiani ha fermato Gatti richiamandolo: “Le sue osservazioni sull’operato del dottor Buriani non sono oggetto del processo”. Poi ha aggiunto: “dal punto di vista politico accetto tutte le valutazioni, ma questo non può portare a una valutazione giudiziaria per sentito dire. Per quella servono prove”, prove che per Gatti, che ha anche lanciato frecciate verso il Procuratore del Fisco Roberto Cesarini, non sono emerse nel processo.  “Credo che questo procedimento debba chiuder- si con molta chiarezza – ha dichiarato – sono state fatte cose vergognose”.

Il processo è stato aggiornato al 27 settembre per le conclusioni. Inizieranno parte civile Eccellentissima Camera e Procura fiscale.

 

Articolo tratto da L’informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 22

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