San Marino. Riciclaggio, condannato a sei anni l’avvocato del clan

San Marino. Riciclaggio, condannato a sei anni l’avvocato del clan

Rassegna stampa – Sentenza di primo grado, ieri, nel processo a carico di Michele Santonastaso. Assolti i figli

ANTONIO FABBRI – Condanna a sei anni, 12mila euro di multa, l’interdizione per un anno e due mesi dai pubblici uffici e diritti politici e al pagamento delle spese del procedimento. Questa la pena inflitta ieri in primo grado a Michele Santonastaso, l’avvocato del clan casalese dei Bidognetti, noto anche per le minacce ai giornalisti Roberto Saviano e Rosaria Capacchione nell’ambito del processo “Spartacus. L’accusa era quella di aver riciclato a San Marino i proventi delle attività di associazione camorristica del medesimo clan. Sono stati assolti, invece, i figli di Santonastaso, Irene, Giuseppe e Claudio, perché “non consta abbastanza della colpevolezza”, cioè insufficienza di prove in ordine all’elemento soggettivo del reato, il dolo. Condannato, invece a 4 anni, anche Teodoro Iannota, autista di Santonastaso, ritenuto suo prestanome, il quale aveva compiuto alcune movimentazioni e versamenti di denaro. Condanna per lui anche a una multa di 1.000 euro e a un anno di interdizione. Condanna, infine, anche per la società Le Pintemps srl, imputata come soggetto giuridico utilizzato, secondo l’accusa, per il riciclaggio. La società è stata condannata a una multa di 10.000 euro oltre a rifondere la somma di 1.814.316,70, pari al vantaggio avuto dalla società stessa. Disposta a tal fine la confisca della somma già sotto sequestro del medesimo importo.

Le conclusioni delle difese Prima della sentenza, emessa dal Commissario della legge Simon Luca Morsiani, sono intervenuti ieri con le loro arringhe finali gli avvocati difensori, tra i quali lo stesso Santonastaso nella duplice veste di imputato e legale, in particolare del soggetto giuridico Le Pintemps srl. Ha esordito l’avvocato Matteo Marconi. “Il denaro di cui si parla – ha detto – è tutto frutto di attività lecita dell’avvocato Santonastaso, derivante da decenni di attività professionale, come certificato da due perizie”, ha sostenuto l’avvocato.

Ha quindi elencato i numeri e numerose movimentazioni e la provenienza “documentata del denaro”, ha affermato. “Dobbiamo concentrarci sull’origine di questi soldi, che è lecita, e non su altri reati che non hanno attinenza con questo processo”, ha detto il legale. L’avvocato Marconi ha quindi chiesto l’assoluzione “perché il fatto non sussiste o in subordine non costituisce reato. Chiedo inoltre la restituzione a Le Printemps delle somme sequestrate”, rilevando come, dalla prima istruttoria, il procedimento sia in piedi da 12 anni e da allora le somme sono ‘congelate’.

E’ seguita l’arringa dell’avvocato Nicola Maria Tonelli che ha ripercorso a sua volta tutti i passaggi e la provenienza del denaro sostenendo la natura lecita dei fondi originati tra il 1995 e il 2005 e che la difesa ha sostenuto essere frutto della “imponente attività lavorativa di Santonastaso”.

Ed è stato lo stesso Santonastaso, nella duplice veste di avvocato e imputato, a ricostruire l’intera vicenda giudiziaria sammarinese e non solo, facendo ampi riferimenti ai procedimenti che ha pendenti in Italia in una accalorata arringa. “Atroce è trovare i figli coinvolti in una vicenda come quella che viene contestata”, ha esordito. Figli che erano piccoli quando i primi denari sono arrivati sul Titano, ha riferito Santonastaso. Quindi in questa doppia veste di imputato che rilascia dichiarazioni spontanee con la toga da avvocato, perché difende anche se stesso, Michele Santonastaso ha richiamato i suoi vari procedimenti sostenendo di essere diventato un “turista giudiziario in tutta Italia”, per avere criticato e “messo in crisi il sistema dei pentiti” e di pagare lo scotto di avere compiuto una sorta di “lesa maestà nei confronti di alcuni magistrati e di alcuni pennivendoli”, ha affermato con un tono di voce sostenuto e con piglio arrogante. Santonastaso sostiene di non avere “commesso reati a San Marino. San Marino – ha aggiunto – è stato la mia cassaforte dei risparmi di famiglia”. Ha quindi chiesto l’assoluzione per sé, per i suoi figli e per la società.

Stessa linea tenuta dall’Avvocato Riziero Angeletti. “Santonastaso ha avuto l’ardire di fare un atto nel quale ha criticato la modalità di utilizzo dei pentiti da parte della procura di Napoli. Che cosa ha fatto di tanto oltraggioso?”, ha affermato il legale soffermadosi con una lunga premessa sui procedimenti italiani per cercare di dimostrare la provenienza lecita del denaro. Quanto al processo sammarinese l’avvocato Angeletti ha sottolineato che “neppure nel contesto del processo di tipo inquisitorio è stato raggiunto il minimo necessario e sufficiente per addivenire ad una sentenza di condanna. Nessun elemento a carico degli imputati è stato offerto, ma solo elementi di favore, provenienti anche dalle sentenze e decreti di archiviazione italiani che prima non c’erano. Tutti gli elementi prodotti dai colleghi hanno dato prova che i proventi sono frutto della sua attività professionale”, ha detto l’avvocato. Poi ha aggiunto: “Ho il ‘difetto’ – ha detto – di avere avuto un maestro che si chiama Giovanni Canzio, e lui mi ha insegnato: lotta sempre quando hai davanti a te il buon diritto, non ti preoccupare di chi ti dà torto. Avendo avuto questa esperienza, non mollerò mai in questa ‘guerra’ che darà prima o poi ragione a chi ce l’ha. Chiedo l’assoluzione tanto dei figli quanto di Santonastaso”, ha concluso l’avvocato Angeletti.

Ha terminato le arringhe difensive l’avvocato Pietro Menicucci, difensore d’ufficio di Teodoro Iannota. “Quanto al mio assistito – ha detto il legale – ritengo che per lui il reato contestato possa essere prescritto al 18 novembre 2022, essendo il suo ultimo atto risalente al 2013. Nel merito, comunque, reputo che possano esserci molti dubbi sul riciclaggio commesso dal mio assistito, considerato che i versamenti che gli vengono imputati sono stati fatti con assegni circolari, mezzo evidentemente non idoneo per l’attività riciclatoria. Iannota – ha aggiunto l’avvocato – era dipendente di Santonastaso e più che dover presumere che il denaro fosse di origine illecita, poteva invece ragionevolmente pensare che fosse lecito, dato che conosceva l’attività professionale del suo datore di lavoro. Si chiede quindi l’assoluzione perché non consta del reato o, in subordine, perché non sufficientemente provato che il mio assistito sia colpevole. In ulteriore subordine chiedo la prescrizione. In estremo subordine chiedo le pene nel minimo”.

La sentenza Dopo circa mezz’ora di camera di consiglio, il giudice Simon Luca Morsiani ha emesso sentenza di condanna, riscontrando la penale responsabilità per Iannota e Santonastaso, ricalcando per i due la quantificazione delle pene come richieste del procuratore del fisco Roberto Cesarini, formulate nella scorsa udienza. Assolti per insufficienza di prove i figli di Santonastaso.

Probabile l’appello.

Articolo tratto da L’informazione di San Marino pubblicato integralmente il giorno dopo

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