“Effetto ‘placebo’: se l’educazione sessuale non educa”

“Effetto ‘placebo’: se l’educazione sessuale non educa”

Riceviamo e pubblichiamo

“In questi tempi in cui le notizie sugli stupri si inseguono (ma è una caratteristica del giornalismo nostrano) sembra che la soluzione unica per risolvere definitivamente il problema sia il ricorso obbligatorio e universale alla cosiddetta ‘educazione sessuale’. Addirittura a San Marino la legge che introduce l’aborto, senza se e senza ma, la impone come materia imposta dallo stato, escludendo i responsabili stessi della educazione, di qualunque categoria sia.

Sembra un ‘mantra’ che, ripetuto centinaia di volte, si spera possa sortire un qualche effetto benefico. Ma forse è una autentica illusione, un po’ come ‘l’effetto placebo’ per guarire certe forme di malattia.

Basta pensare alla canea di benpensanti rispetto a queste parole di Andrea Giambruno: ‘Uno magari dice a sua figlia: Guarda, non salire in macchina con uno sconosciuto. Perché è verissimo che tu non debba essere violentata perché è una cosa abominevole. Però se eviti di salire in macchina con uno sconosciuto, magari non incorri in quel pericolo. […] Forse dovremmo smetterla di far passare questo messaggio ed essere un po’ più protettivi, nel lessico e nel linguaggio. Certo che se tu vai a ballare hai tutto il diritto di ubriacarti. Certamente, questo è assodato. Non ci deve essere nessun tipo di fraintendimento o di inciampo. Però se eviti di ubriacarti o perdere i sensi magari eviti anche di incorrere in determinate problematiche e poi rischi che il lupo lo trovi’.

Dove pare che il motivo di tanto strapparsi le vesti sia dato dal fatto che l’autore di queste riflessioni sia il ‘compagno’ di Giorgia Meloni. Orrore, pensieri inaccettabili. Cripto fascista (o proprio fascista) e connivente con gli stupratori. Maschio tossico… e chi più ne ha più ne metta.

Allora ecco le perle di saggezza di Luxuria, tanto care alle ‘femministe de noantri’ per cui solo una autentica educazione sessuale, universale e obbligatoria, potrebbe rendere più libera l’espressione del sesso, senza violenza e senza prevaricazioni.

Come per l’educazione civica, che, diventata materia obbligatoria e coestensiva con tutte le altre, ha prodotto un clima di beata civiltà, cancellando dalla faccia della terra ogni degradante ingiustizia.

No, non ci siamo. Se non si ritorna a quella che un tempo si chiamava ‘comunità educante’, alla libertà di educazione, nemica dello statalismo spersonalizzante, al riconoscimento reale, concreto, operativo, della responsabilità delle famiglie, allora continueremo con i proclami che sembrano le famose grida di manzoniana memoria, che, lasciando le cose come stanno, ci faranno sentire paladini di libertà e civiltà.

Per fortuna rimane ancora qualche persona ragionevole, come la storica femminista Marina Terragni, che, commentando le scomposte reazioni dei cosiddetti benpensanti, ricorda: ‘Nessun dubbio sul fatto che se tu ti fai fino a perdere il controllo nessuno può abusare del tuo stato, e la legge su questo è molto chiara. E che se tu vuoi farti fino a perdere il controllo puoi liberamente farlo, è tuo diritto. Ma poi può capitare, anzi capita spesso, che qualcuno si senta autorizzato dalla tua perdita di controllo a metterti le mani addosso. Il mondo andrà così, e andrà così fintanto che la logica maschile del dominio non verrà sradicata. E noi tutte lottiamo da sempre tenendo all’orizzonte questo obiettivo. Ciò non toglie che da madre, da sorella, da amica, io possa dire a una ragazza: evita di farti fino a perdere il controllo. P.S: radio e tv in questi giorni sono stati pieni di opinionisti, donne e uomini, che hanno detto le stesse cose espresse da Giambruno, e nessuno ha alzato le barricate. Se Giambruno non fosse il compagno della premier, le sue parole sarebbero passate inosservate’.

E anche un campione della pornografia si lancia nel proporre soluzioni (ma che a me sembrano allo stesso modo esempi di ‘effetto placebo’): ‘Dobbiamo agire affinché i ragazzi non prendano neppure in considerazione l’idea di stuprare una donna. Intervenire dopo serve a poco. Cultura del rispetto, educazione sessuale e divieto di accesso libero alla pornografia. Il porno non va demonizzato, ma non può essere accessibile senza la giusta consapevolezza. La politica deve impegnarsi su questo’.

Continua la Terragni: ‘Anche per Jenkins…  Non possiamo dare ai bambini la responsabilità per avere interagito con questi contenuti. È vergognoso che accettiamo la situazione così com’è’.

Hai voglia a proporre educazione affettiva e sessuale a scuola e a richiamare quei poveri disgraziati dei genitori alle loro responsabilità: il grooming [adescamento di un minore in Internet tramite tecniche di manipolazione psicologica volte a superarne le resistenze e a ottenerne la fiducia per abusarne sessualmente] della porno-industria è troppo pervasivo e potente, l’autodifesa domestica non basta’.

Giusto, ma allora che fare?

Sarebbe bello potere confrontarsi senza preclusioni ideologiche, senza chiusure settarie (neppure nella tv di Stato) per realizzare un cammino educativo serio e attraente, di autentica libertà, che rimane la condizione perché si realizzi l’educazione dell’uomo. Un piccolo grande paese potrà trovare soluzioni che siano di traino al mondo intero? O dovremo rassegnarci a sperare che altri lo facciano per noi?

Rimangono comunque certi punti fermi e irrinunciabili. Innanzitutto riprendiamo il tema della educazione della persona, perché l’uomo è un io indivisibile e solo se ne teniamo conto possiamo sperare in un cammino fecondo e costruttivo. Troppi spezzettamenti nella proposta formativa si sono rivelati un fallimento senza possibilità di riscatto.

E poi non dimentichiamo che la responsabilità educativa della famiglia chiede anch’essa un impegno e una trasformazione di azioni e di mentalità. E penso che quanto da tempo ricorda il cristianesimo non sia un residuo del passato, da rigettare in toto per un malinteso senso di superiorità, ma sappia ancora dare criteri e sostegni di cui abbiamo un bisogno assoluto. Anche con la strana dottrina del peccato originale. Ma di questo un’altra volta”.

Don Gabriele Mangiarotti

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