LA PUBBLICAZIONE

LA PUBBLICAZIONE

– 2 –
LA PUBBLICAZIONE
 
La pubblicazione del PlacitoL’Olivieri non si scoraggia di fronte all’errore segnalatogli con pronta sollecitudine dal Garampi. Lo si evince dalla determinazione e dall’impegno con cui porta avanti il progetto di diffondere il Placito. Diffonderlo anche a mezzo stampa.
La prima informazione circa una pubblicazione che dovrebbe contenere, fra altri documenti, il Placito ci viene dalla lettera del Garampi all’Olivieri del 15 novembre. Nell’esordio si legge: “Sospendete di finire la stampa della vostra Appendice perché io spero di mandarvi la copia dell’Instrumento accennato dal Clementini… Ho già scritto a Rimini. Mi ricordo che nell’Archivio de’ Canonici Regolari di S. Marino in Rimini havvi una piccola Bolla d’Innocenzo Papa … diretta all’Abbate di S. Tomaso in Foglia”. E poi elenca una serie di altri documenti che, a suo giudizio, era opportuno inserire. Alcuni li manda lui stesso subito. Altri si impegna a reperirli e a mandarli. Di altri ancora indica dove trovarli. Insomma piena collaborazione. Ed i frutti della collaborazione si vedono. Prima della fine dell’anno la stampa è pronta. Il Placito inizia il suo percorso. Pure la diffusione della pubblicazione contenente – fra altri documenti – il Placito, è sollecita. Sollecita e, a quanto pare, mirata. Ad esempio già all’inizio del 1750 Anton Maria Zucchi Travagli – ormai stabilitosi a Pesaro nella sua nuova mansione di uditore della Legazione d’Urbino – la riceve dalle mani dello stesso Olivieri. Lo scriverà lo stesso Zucchi in un suo libro.
Lo Zucchi, insomma, rimane sorpreso di tanto onore. E, forse, anche del fatto che lo straordinario gesto dell’Olivieri nei suoi confronti gli era stato anticipato dal Garampi.
Attraverso un altro lavoro – manoscritto – dello Zucchi Travagli, arriviamo a conoscere di che pubblicazione si tratta. Egli infatti, nel 1753, in un documento inoltrato alla curia romana, riferendosi al Placito, scriverà: il “ch. Sig.r Annibale degli Abbati Olivieri Nobile Pesarese assai noto per la sua Letteratura, … lo à stampato nell’Appendice alle memorie storiche dell’Abbadia di S. Tommaso
in Foglia pag. 54”.
In conclusione, il Placito venne pubblicato, sul finire del 1749, fra i documenti dell’appendice di un libro di cui, a quanto pare, al momento, si disponeva … del titolo. Il libro completo, cioè testo più appendice, rimarrà sub praelo, come ama dire il Garampi, ben quattordici anni e vedrà la luce solo nel 1764!
L’Olivieri dunque, in accordo, anzi con la collaborazione del Garampi, pubblicò subito il Placito. Con grande tempestività. E non nascose il fatto. Lo ricorderà lui stesso quando il libro (Memorie della Badia di S. Tommaso in Foglia) verrà finalmente stampato per intero. Si legge infatti a pag. 256: “fin dal 1750 avevo già a quell’ora fatti stampare da dieci fogli dell’appendice di documenti che servire dovevano di giustificazione all’opera”.
 
La difesa di un erudito ‘alleato’Il peso che il nome dello scopritore ha avuto sulla fortuna del Placito è desumibile dagli scritti di Giambattista Marini, un erudito feretrano di San Leo, il quale, intravisto nel testo del documento qualche elemento favorevole alla causa contro Pennabilli, ne assume, passionalmente, le difese.
Le “notizie” contenute nel Placito, per il Marini sono incontestabili. San Leo – e quindi San Marino – avendole rinvenute attraverso l’Olivieri, scopritore del Placito, “gode il vantaggio di produrle al Pubblico colla rispettabile autentica del di lui nome, non dentro alla sola Italia, ma fuori, e lungi ancora da essa, chiaro ed applaudito per le bell’opre date alla luce, che l’amore e la stima gli anno meritato de’ primi Letterati del secolo”.
Quanto a quell’anno tertio relativo a papa Adriano, per il Marini il problema non sussiste. E comunque nessuno è autorizzato a dubitare dell’autenticità del Placito partendo di lì. E cita, a suffragio della sua tesi, il Muratori: “sebbene s’incontrino sovente, non una sola, ma più ancora note cronologiche d’un antico Monumento manifestamente non vere, non per questo si ha subito da pronunciare per falso, e da rigettare come impostura il Pergameno; mercecché in sostanza chi scrisse, chi dettò, chi copiò, altro non era, che un Uomo, ed ogni Uomo è a sbagliare soggetto, anche qualora usa la maggiore attenzione”. Singolare la causa che, secondo il Marini, ha indotto in errore l’estensore del Placito: “la concorrenza di tanti terzi nelle note Cronologiche di quell’atto. Terzo di nome era Adriano Papa. Terzo similmente di nome, benché nel Placito non espresso, era Carlo Crasso Imperatore. Terza era l’Indizione, che correa; niente è perciò più facile, quanto che cotesti replicati terzi nella mente di chi scrivea potessero fargli cadere dalla penna un altro terzo anche sul numero degli anni del Pontificato di Adriano”!
 

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy