L’ultimatum era un penultimatum, le riforme possono aspettare ancora. Se ne riparla tra qualche settimana, o forse a settembre, oppure entro l’anno… svariate ipotesi. Unica certezza che ancora non ci sono.
ANTONIO FABBRI – L’ultimatum era un penultimatum… e non lo avevamo capito. Eppure le parole dei capigruppo dei due maggiori partiti della maggioranza, Dc e Rete, erano parse chiare: riforme da presentare entro giugno. Giugno è arrivato, ma di riforme in Consiglio non ce ne sono. “Possiamo discutere fino a giugno dei progetti, poi sappiamo come andrà. Se non avviamo entro l’estate percorsi significativi, dovremo prenderci delle responsabilità”. Lo aveva detto il capogruppo della Dc, Francesco Mussoni, che ieri ha ammesso e di fatto ha aggiunto: vabbè, dai, facciamo luglio. Anche il capogruppo di Rete, Alberto Giordano Spagni Reffi, aveva sottolineato, facendo seguito a Mussoni, che “se entro qualche mese questa maggioranza non sarà in grado di produrre delle riforme, avrà fallito il suo mandato”. Lo diceva ad aprile. Comunque, ieri, un po’ da tutti dalla maggioranza, mentre l’opposizione incalzava sul tema, è stato detto che se non se non sono state presentate a giugno, sarà a luglio o, più probabilmente, a settembre. Motivo: c’è in corso il confronto con le parti sociali e non è il caso di mettere fretta su questo, per poter raggiungere larga condivisione. Anche se, a detta del sindacato, Csdl in particolare, se si è un po’ più avanti sulla riforma pensioni, su riforma fiscale e mercato del lavoro “siamo all’anno zero”. Forse è il caso di prepararsi ad un altro slittamento dei tempi.
Il segretario alle finanze Marco Gatti, più genericamente ha detto entro l’anno. “Adesso abbiamo la sfida delle riforme, per noi è importante concluderle entro l’anno. Significa non mettersi contro il paese, il governo deve fare la sua parte del confronto e alla fine prendere decisioni e portare i provvedimenti, se oggi non sono stati portati è anche perché si coglie questa disponibilità al confronto”, ha affermato. In questa specie di gioco a chi azzecca la data del deposito delle riforme, Emanuele Santi di Rete parla di qualche settimana, poi fissa per settembre: “Riforme: siamo a giugno, gli impegni presi vanno rispettati. Il confronto sulle riforme del lavoro, previdenziale e anche dell’Igr sta procedendo bene, c’è solo bisogno di qualche settimana in più. Ci possiamo prendere l’impegno, come maggioranza, di procrastinare al massimo a settembre il deposito e la discussione delle riforme in oggetto”. Attendiamo.
Caso del ministro deriso In più di un intervento, poi, ha tenuto banco la vicenda della responsabile della comunicazione del governo, che dal suo profilo Instagram, ha deriso il ministro italiano Renato Brunetta.
Ha acceso la miccia sulla questione il Consigliere di Repubblica futura Fernando Bindi: “Una signora che il governo della Repubblica ha scelto con una onesta lottizzazione per essere parte di uno staff che deve raccontare i suoi trionfi, in una delle tante gite istituzionali che le autorità del nostro paese compiono, forse annoiata dalle dotte esposizioni dei relatori al convegno sul senatore Sergio Zavoli, si è lanciata in uno sbeffeggiamento becero su un ministro dello Stato italiano. Malgrado tutte le fatiche compiute per riaccreditare la Repubblica di San Marino presso la Repubblica con la quale, da Stato sovrano, dobbiamo fare i conti e rapportarci tutti i giorni, ciò rischia di farci precipitare nel limbo. Alla signora il commento sarà sembrato originale, ma è vergognoso: in primis denota la visione sprezzante sulle caratteristiche fisiche di una persona, mettendola in ridicolo, e secondo offende pesantemente il ministro di un altro Stato, mettendolo in ridicolo. Non so quanti passaporti abbia la signora, giullare allegra della comunicazione governativa sammarinese, ma se avesse anche il passaporto italiano, come si può presumere da una lettera curriculare del 2017 che vi invito a leggere – era una lettera contro il governo di allora che aveva scelto un’altra agenzia di comunicazione- da cittadina italiana può criticare ministri e governo, ma da componente di uno staff di comunicazione del governo della Repubblica non può sbeffeggiare un ministro di un altro Stato. Le conseguenze ricadono prima o poi sulla Repubblica. I selfie che testimoniano gli spostamenti, chiamiamoli istituzionali, fanno pensare più a gite esotiche che ad una onesta comunicazione. Nessuno vieta di divertirsi in gita, ma non sembra questo il compito di una comunicatrice governativa. Il governo pensa di cavarsela con la scusa che era una immagine diffusa su una sede privata? Per riparare al danno di immagine recato alla Repubblica, fate qualcosa. Avete il dovere di fare un gesto esemplare che ristabilisca l’onore della Repubblica, altrimenti anche voi sarete complici di questa ignobile bravata. La signora è pagata per comunicare, non per sbeffeggiare un ministro che in passato si è sempre dimostrato amico della Repubblica. A voi la scelta”.
Ha replicato il Segretario di Stato Teodoro Lonfernini, buttandola sempre un po’ sull’enfasi di una sorta di lesa maestà da parte di chi legittimamente critica e sulla retorica delle istituzioni da rispettare, da parte degli altri. “Al consigliere Bindi: non trovo corretto – ha detto – riportare una questione avvenuta recentemente attraverso una scivolata molto superficiale, da parte di un componente dell’ufficio di comunicazione del Congresso di Stato, in quei termini. La dott.ssa Laura Franciosi, cittadina sammarinese, è una bravissima professionista selezionata dal Congresso di Stato. Ha sicuramente compiuto un errore che poteva risparmiarsi e di cui la stessa si è scusata con una lunga lettera al Congresso, letta ieri mattina all’attenzione dei colleghi. Come conseguenza, il Congresso di Stato ha ritenuto di non stigmatizzare in modo superficiale il fatto, ma di richiamare ogni singolo componente ad un atteggiamento più consono e ad un’attenzione particolare in modo che la vita privata non si confonda a quella professionale e istituzionale. Evitiamo poi definizioni spregiative: il consigliere Bindi l’ha definita ‘la signora’, invece di dott.ssa, ha messo in dubbio il numero dei passaporti… quando ha solo un passaporto, quello sammarinese. Evitiamo poi pure di parlare di missioni all’estero di questo governo come ‘gite’. Abbiamo svolto incontri istituzionali con interlocutori ad ogni livello, è corretto che certi passaggi siano testimoniati con immagini e considerazioni di natura politica. Come è avvenuto anche giovedì scorso in Senato, in una circostanza importante in ricordo di un giornalista che ha avuto un trascorso importante anche nel nostro Paese”, ha detto Lonfernini.
Chissà se la soluzione adottata dal governo che di fatto mette una “pietra sopra” sull’episodio sarà gradita, più che dall’opposizione, dai parecchi cittadini che avevano espresso indignazione? Si vedrà.
Articolo tratto da L’informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 23