San Marino. “Che Paese siamo?”, la riflessione di Giovanni Giardi

San Marino. “Che Paese siamo?”, la riflessione di Giovanni Giardi

Riceviamo e pubblichiamo

“Come trattiamo coloro che dovrebbero avere la nostra principale attenzione?

Ho passato parte di un pomeriggio con due carissimi amici, condannati a vivere in carrozzina, in un bar accessibile, a prendere un caffè. Credo di essere sempre stato sensibile ai problemi della gente, ma mettersi al loro ascolto e tentare di vedere i problemi della vita dal loro punto di vista, anche le pur lodevoli sensibilità personali svaniscono e non bastano.

Oltre a dover vivere sulla carrozzina hanno un’altra tristezza: la conoscenza che esistono paesi e grandi città ormai largamente se non totalmente accessibili, mentre in questo paesino, pur dall’orografia complicata, si trovano mortificanti impedimenti alla libertà di movimento, non certamente impossibili da rimuovere, mancanza di rispetto del diritto al parcheggio, passerelle sempre promesse e mai realizzate, per proteggere dalla pioggia dai parcheggi dedicati e i luoghi pubblici da raggiungere, qualche mortificante incomprensione di addetti ai servizi, bar e luoghi pubblici dove entrano liberamente i cani ma non le carrozzine, una legge per l’inclusione lavorativa allo studio dai tempi della convenzione dell’ONU ratificata da San Marino e mai realizzata (l’elenco  prosegue, basta parlare con qualcuno di loro).

Qualche lavoro sulla rimozione delle barriere è stato fatto, ma non si vede una  politica organica  di ricognizione permanente  e pianificazione annuale di rimozione fino all’azzeramento delle barriere nel limite dell’umanamente  possibile.

Pesa in alcuni l’angoscia che i familiari che si fanno carico di loro (magari lasciando il lavoro per poi trovarsi senza neanche la pensione – una regolamentazione del caregiver e il riconoscimento del suo valore sociale?) invecchiano non ci saranno più.

C’è poi la frustrazione delle tante volte che si sono sentiti dire: “provvederemo” senza poi alcun seguito, frustrazione condivisa dalle associazioni che con fatica provano a rappresentare i diritti di questi cittadini e a fare proposte nella sordità e insensibilità di chi ha le responsabilità istituzionali di operare.

L’elenco di chi lasciamo indietro in questa società per certi versi con tanti privilegi non finisce qui. Veramente non possiamo fare di più per poterci chiamare un paese veramente civile, almeno ascoltarli?

Giovanni Giardi”

 

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