L’informazione di San Marino. Il decreto Smi in Consiglio emendato e aggiustato, ma…
ANTONIO FABBRI – Ratificato in Consiglio, con diverse modifiche, il decreto “Modalità di rimborso delle somme ai fiducianti di Smi SpA”.
l Segretario di Stato Marco Gatti ha sottolineato che gli emendamenti del governo van[1]no a specificare meglio chi non ha diritto al rimborso. Dall’opposizione ha espresso perplessità sul Decreto Repubblica futura, mentre Libera si è trovata concorde.
A dividere era l’aver considerato depositanti o investitori chi appunto potrà usufruire del rimborso: per Rf chi ha portato somme all’ex finanziaria è da considerare investitore e, in quanto tale, non avrebbe diritto al rimborso.
Per governo, maggioranza e Libera, invece, chi ha perso le somme è stato soggetto a un rischio senza saperlo, anche perché la remunerazione dei depositi era paragonabile a quella di un istituto bancario. Pertanto “artatamente sono state poste in essere azioni, contro previsioni normative – motiva il Segretario Gatti– che hanno cagionato danno a chi ha depositato la somma in un soggetto vigilato, con indicazioni diverse da quelle per cui sono stati usati peraltro quei soldi. Il bilancio dello Stato ha istituito un apposito capitolo, il fondo di riserva per rimborsare situazioni di questo tipo”.
Sempre dalla maggioranza infine, Emanuele Santi, Rete, ha esortato a non limitarsi a risarcire il risparmiatore sulla vicenda Smi: “E’ ora che ci attiviamo perché il responsabile della truffa non ha pagato niente – afferma – è ora che mettiamo in campo le azioni necessarie per andare a recuperare qualcosa da questa questione, da troppo tempo rimasta nei cassetti del tribunale”.
Va detto che ad alcuni nodi sollevati è stata data risposta con gli emendamenti del governo. In particolare la parte che aveva adombrato dubbi di logica clientelare era in particolare il comma che prevedeva il risarcimento fino all’intero, per i soli residenti a San Marino. Quella dicitura che legava il risarcimento alla residenza è stata soppressa. Così pure si è specificato il tetto del risarcimento.
Ma il problema, adesso, potrebbe essere l’inverso. Ovvero, con le modifiche apportate il decreto potrebbe rivelarsi una “caramella” per i fiducianti e una bega per Banca Centrale.
Ecco perché.
La prima stesura dell’articolo 1 prevedeva il rimborso per coloro “che provino di aver subito una ingiusta perdita finanzia[1]ria in ragione del compimento di frode o truffe da parte della Smi”
La nuova formulazione prevede il rimborso di coloro “che provino di aver subito una perdita finanziaria derivante dal compimento di frodi o truffe”.
Le differenze sono minime, ma non di poco conto. Mentre la prima formulazione lasciava un maggiore margine per inscrivere la perdita nell’ambito di un raggiro, nella seconda si lega la perdita alla derivazione diretta dal reato. Questo significa che per rivendicare il rimborso in funzione della perdita occorrerà intanto che il reato di truffa o frode ci sia stato e, in secondo luogo, che la perdita ne sia derivazione diretta. Tant’è che nei documenti da allegare alla domanda di rimborso c’è anche “copia di eventuale documentazione amministrativa o giudiziale utile ai fini dell’accertamento della commissione di frodi o truffe da parte della S.M.I., o comunque della sussistenza della relativa responsabilità penale, che hanno causato ingiuste perdite finanziarie al soggetto richiedente”.
E’ qui che potrebbe sorgere il problema e trasferire una bega mica da poco in capo ai fiducianti, prima, e a Banca Centrale che deve vagliare le domande, poi. Infatti chi stabilisce se vi sia stato reato di truffa, raggiro o frode? Il tribunale. Ebbene, ad oggi non risulta che ci siano state pronunce nei confronti di Smi o dei suoi amministratori per raggiri o truffe.
Anzi, una delle rimostranze dei risparmiatori Smi era proprio che la loro denuncia per truffa era finita nel dimenticatoio e processualmente prescritta ed era proprio per questo che avevano sollecitato interventi, proprio perché non avevano ottenuto giustizia in tribunale. Il rischio, quindi, è che si sia imbastito un Decreto per dare ristoro a dei risparmiatori investitori-fiducianti che però non potranno far valere quello stesso Decreto che è stato adottato per risolvere il loro caso.
Questo perché a parlare di truffa è stata solo la politica in Consiglio, ma non risultano ad oggi – almeno per quanto a conoscenza dato che i processi ancora sono pubblici – sentenze, ma neppure rinvii a giudizio, che attestino la sussistenza di reati di truffa, in capo a Smi o ai suoi amministratori, da cui vi sia una derivazione diretta del danno ai fiducianti.
Quindi, da un lato non ci sono pronunce del tribunale su raggiri, dall’altro la Bcsm richiede la documentazione e non può autonomamente valutare se vi sia stato o meno reato e decidere di erogare il risarcimento.
Se così fosse – sempre a meno di pronunce per truffa delle quali non si è a conoscenza – la possibilità del risarcimento diventerebbe ostica.
Ma d’altra parte che non siano state accertate responsabilità per truffa – cui sarebbero necessariamente seguite statuizioni civili per il danno derivante da reato – emerge anche dalle parole di Emanuele Santi di Rete, in chiusura di dibattito “Da una parte lo Stato risarcisce il risparmiatore, dall’altro è ora che ci attiviamo perché il responsabile della truffa non ha pagato niente. Oggi sistemiamo una questione ma è ora che mettiamo in campo le azioni necessarie per andare a recuperare qualcosa da questa questione, da troppo tempo rimasta nei cassetti del tribunale”.
Ma il responsabile della truffa non ha pagato niente, perché non risulta che per truffa si sia proceduto né sentenziato. E il nodo che potrebbe fare emergere ancora problemi sta proprio qui.
Articolo tratto da L’informazione di San Marino, pubblicato integralmente dopo le 23