Marino Cecchetti su L’Informazione di San Marino: Quando è l’opposizione a volere la segretezza
A leggere i verbali della Commissione per gli Affari di Giustizia
– pubblicati su questo stesso giornale i giorni scorsi – sorprende il tanto tempo speso dai commissari a discutere se divulgare o meno certi fatti. C’è chi è arrivato a sostenere che non si sarebbe dovuto informare nemmeno gli Ecc.mi Capitani Reggenti nonostante fosse emersa una situazione disastrosa nel tribunale in quanto a efficienza; nonostante che il Magistrato Dirigente avesse prodotto un documento che, per la natura dei contenuti, farebbe deflagrare qualsiasi ambiente di lavoro.
La segretezza in ambito politico – anche quando non sono in ballo, ad esempio, la sicurezza dello Stato o i diritti inviolabili della persona – è un residuo atavico, sopravvissuto all’Arengo del 1906 quando la gente, dopo il 25 marzo, irruppe nel Palazzo Pubblico e conquistò uno spazio da cui, finalmente, poter seguire i lavori del Consiglio Grande e Generale. Ebbene tutti consiglieri eletti dopo 1986 hanno accettato ed accettano di non verbalizzare le sedute consiliari ed hanno vietato e vietano ai cittadini perfino l’accesso alle registrazioni audio.
Una volta i componenti il Consiglio dei XII si vincolarono a non rendere pubblica la decisione di rilasciare la residenza a chiunque acquistasse un appartamento in Repubblica. Un’altra volta decisero – nonostante possibili risvolti penali – di tenere segreta la chiusura di una fondazione facente capo a un Segretario di Stato. La segretezza saltò, in entrambi i casi, per merito di un consigliere dell’opposizione. Oggi, negli organismi politici della giustizia, è l’opposizione che la propone. In effetti “in democrazia la segretezza non è giustificabile” (Rosy Bindi, Il Fatto Quotidiano, 24/03/2019).