L’informazione di San Marino: “Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Canzio”, la satira di Antonio Fabbri

L’informazione di San Marino: “Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Canzio”, la satira di Antonio Fabbri

Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Canzio

Dalla prima lettera del Consiglio giudiziario ai Titanesi

In quel tempo gli undici, dieci membri della Commissione Affari di Giustizia più uno, il Segretario predestinato, erano riuniti nel cenacolo del Pubblico Palazzo per dibattere la Serenissima questione che attanagliava il Dirigente del tribunale, il quale aveva dato tra l’altro dei calunniatori un po’ a tutti coloro che ne avevano messo in dubbio l’operato nell’ambito di quel procedimento, semplicemente perché avevano richiamato documenti dallo stesso firmati. Da questi scritti risultava che il Dirigente non magistrato avesse disposto l’apertura di tre specifici fascicoli indicando persino il titolo di reato per il quale procedere. Uno di questi procedimenti era noto, relativo al caso Serenissima da cui era poi scaturita l’indagine nei confronti di 8 cittadini, in seguito archiviati.

Gli altri due procedimenti non si sa di che cosa trattassero, ma vista la verve querelatoria del Segretario Roberto Ciavatta che aveva dato scaturigine all’esposto, tutti sospettarono che fossero inerenti a questioni da costui ritenute graverrime. Ebbene, mentre gli undici erano riuniti col cuore contrito per l’impiccio imbarazzante, e quelli in maggioranza in particolare si arrovellavano su come uscirne senza troppe figuracce e soprattutto senza dover rendere pubblici i verbali del consesso, scesero nella stanza a porte chiuse lingue come di fuoco e presero forma di deliberazione calata dall’alto seggio del Consiglio Giudiziario. Si udì un fragore come di tuono, iniziato per vero qualche giorno prima prevenendo la decisione che la Commissione doveva assumere. Era il segnale dal cielo che i più ansiosi attendevano trepidanti. Questi, all’udir quelle parole, furono pervasi da profondissima quiete. Era dunque arrivata la soluzione: una deliberazione che ricostruiva i fatti a suo modo – tralasciando di citare contenuti di documenti e preferendo parlare di segnalazioni anziché di esposti – e assolveva il Dirigente Canzio consacrandone la correttezza dell’operato. A quel punto gli undici cominciarono a parlare lingue diverse e molti di loro a spargere il verbo ai quattro venti, ciascuno nell’idioma che gli interlocutori potessero comprendere, anche in dialetto, pur di rendere nota la buona novella dell’infallibilità del Dirigente non magistrato del tribunale. Che un consesso così autorevole avesse detto che era tutto corretto, a dispetto delle perplessità lasciate dai documenti pubblicati e consegnati pure alla Commissione affari di giustizia, era una liberazione per l’anima.

Giulivo, qualche giorno dopo, il Segretario alla giustizia Massimo Andrea Ugolini corse a Palazzo Pubblico e in diretta radio profetizzò: “Il Consiglio Giudiziario, nell’ultima seduta, ha chiuso la ‘querelle Serenissima’, ribadendo la correttezza dell’operato del Dirigente del Tribunale. Inaccettabile che su qualche organo di stampa locale si vogliano continuare ad adombrare ombre sulla figura di Giovanni Canzio, Padre della riforma della giustizia, che ha generato il Figlio del rapporto positivo del Greco e Spirito Canzio che aleggia sulla pax tribunalizia. Pertanto – disse lapidario il profeta guardasigilli – basta alimentare contrapposizioni sulla giustizia”. Una rivelazione divina che di buon grado accolsero coloro che avevano il dono della fede infusa e professata nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Canzio. Una fede alla quale tutti si dovevano abbandonare, perché i giornali e i giornalisti non possono e non devono scrivere quello che accade nelle sedi pubbliche e istituzionali, lasciando così solo al consesso degli eletti il privilegio di esternare se e quando voglia, tenendo il popolo bue e ignorante soggiogato al potere del segreto e relegando alla Geenna l’infida e perniciosa trasparenza.

Tutti coloro che sapevano leggere – e che i documenti li avevano letti – non credettero però alla parola profetizzata da Massimo Andrea Ugolini e dai suoi seguaci, poiché tenendo alla loro dignità e non volendo insultare la propria intelligenza, non intendevano subire da chicchessia una presa in giro, ancorché istituzionalizzata. Si prepararono dunque, loro bollati dello stigma della miscredenza, ad essere relegati là dove li attendevano pianto e stridore di denti. Amen.

 

Articolo tratto da l’informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 17

 

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