San Marino. Assolto Clelio Galassi e condannato Gabriele Gatti, confiscato il denaro ritenuto illecito

San Marino. Assolto Clelio Galassi e condannato Gabriele Gatti, confiscato il denaro ritenuto illecito

Assolto Clelio Galassi, condannato Gatti. Confisca del denaro ritenuto illecito. Due anni e cinque mesi per l’ex segretario agli Esteri. Pena sospesa. Confische per entrambi per una somma complessiva di oltre 1,5 milioni di euro

ANTONIO FABBRI – Si è chiuso ieri il primo grado del processo a carico degli ex segretari di Stato alle Finanze e agli Affari Esteri, Clelio Galassi e Gabriele Gatti. Si è concluso con una sentenza che ha visto l’assoluzione di Galassi sia per i fatti anteriori al 2013, perché all’epoca il fatto non era previsto dalla legge come reato, sia per i fatti post 2013 perché il fatto non costituisce reato. Gatti, invece, pur venendo assolto per i fatti ante agosto 2013, è stato condannato per le movimentazioni successive del denaro ritenuto di origine illecita. Condanna anche alla confisca per entrambi, avendo ritenuto il giudice che il denaro fosse di accertata provenienza illecita.

L’arringa conclusiva della difesa Galassi Prima della sentenza è toccato alla difesa di Clelio Galassi rassegnare le proprie conclusioni. “Siamo animati da una sommessa ma radicata persuasione: voi oggi siete chiamato a scrivere una pagina di diritto, siete chiamato a scrivere una pagina di giustizia”, ha esordito l’avvocato Alessandro Petrillo. “Provo un certo e sincero imbarazzo nel dovermi approssimare e relazionare intellettualmente con una costruzione giuridica, quella che è riportata nel capo di imputazione, che io non esito a definire paradossale, se non grottesca. Ricavata da una inaccettabile, inammissibile e incongrua declinazione della norma giuridica in funzione di un teorema che vede l’inquirente leggere, con le lenti di norme attuali, condotte relative a periodi in cui vigevano altre norme”. Quindi ha ripercorso le due ipotesi di reato contestate a Galassi: la prima quella legata all’operazione Grey&Grey e alla dazione da parte di Angelo Facchi e la seconda relativa alla concessione della licenza di Eu roCommercialBank.

“La consegna di denaro da Facchi a Galassi: ebbene, in questa vicenda il mio assistito non viene mai attinto da specifica contestazione che valga a renderlo responsabile di qualcosa che sia servito a favorire Facchi. Non c’è il mercimonio della funzione pubblica foriero della costituzione di fondi illeciti che poi Galassi avrebbe riciclato. Nel capo di imputazione non c’è la benché minima traccia di quello che avrebbe fatto e di cui si è reso responsabile. Non esiste, neppure negli atti del procedimento. Nonostante tutto – ha aggiunto Petrillo – Galassi è l’unico a dire qualcosa di concreto. Mi è stato consegnato un contributo: intendeva ringraziarmi per l’accordo raggiunto con l’Eccellentissima Camera. Tanto per cominciare – argomenta Petrillo – questo benefit arriva molto tempo dopo il perfezionamento del procedimento amministrativo. Ma questo pagamento ha tutte le caratteristiche della liberalità che il Facchi ritiene di poter operare probabilmente sentendosi gratificato dell’attenzione che gli è stata rivolta da parte della politica, da parte dello Stato. Non esiste prova di un contatto tra Facchi e Galassi e neppure di nessuno che si sia interposto. Non c’è la minima prova di un accordo sottostante. C’è solo prova di una generosa liberalità che a questo punto risulta certamente sine titulo, figlia di un atteggiamento psicologico di gratitudine rispetto al percorso amministrativo concluso. Non può essere ricondotto a una ipotesi di corruzione. Stiamo tra l’altro parlando di fatti consumati nella vigenza della legge 17 del ‘74, poi sostituita da quella del 2008. L’articolo 373 dell’epoca (che normava il reato di corruzione, ndr.), prevedeva che un soggetto fosse passibile di corruzione solo nel caso in cui si fosse reso responsabile di un atto contrario ai doveri del proprio ufficio e non di un atto conforme – sostiene Petrillo – Non è atto illecito portare avanti un atto e perfezionarlo. Non compie atto contrario ai doveri d’ufficio. Quale è stato l’atto contrario ai doveri d’ufficio in questo caso? Non esiste. Poi è stata gestita manu propria una somma che gli è stata consegnata a titolo di liberalità e senza diretta connessione con gli atti svolti. Ebbene, se così è, Clelio Galassi non ha commesso nessun reato e non ha commesso il riciclaggio”.

Poi richiama la nota sentenza del Collegio Garante che ha cambiato l’interpretazione del reato di riciclaggio per occultamento e sulla seconda contestazione ha richiamato le considerazioni precedenti. “Esattamente la stessa cosa con la licenza di Ecb. Siamo oltre un anno dopo li provvedimento autorizzativo. E siamo di fronte a una decisione in cui la famiglia Gerani sente il dovere essere grata. Tra l’altro l’autorizzazione bancaria la rilascia il Congresso di Stato, non Clelio Galassi. Gerani dice solo che dopo il rilascio ‘mi venne detto che occorreva dare un riconoscimento alla politica. Me lo dissero Pagani e Zafferani’. E allora perché anche i due intermediari non sono stati chiamati a rispondere di concorso in questa condotta?

Si tratta di ipotesi di reato astratte, senza il minimo elemento di riscontro, destinate al naufragio più clamoroso e oggi ad essere sommerse dalle acque della prescrizione. Fortunatamente ci ha pensato il Collegio Garante a fare giustizia e ad affermare il predominio della legge e la supremazia del diritto. La invoco, glielo chiedo solennemente: lei è chiamato a scrivere una pagina importantissima della giurisprudenza di questa Repubblica. Riaffermando il predominio della legge su ogni altra diversa congettura o condizione pregiudizievole. Chiedo – ha concluso l’avvocato Petrillo – di mandare assolto Galassi dal reato non solo così come contestato, ma anche come diversamente e astrattamente potrebbe essere qualificato. Una assoluzione, in ossequio anche al dettato del Collegio Garante, esclude in capo a Clelio Galassi il presupposto per applicare ogni tipo di confisca. Non ci sono elementi o circostanze che accreditano ipotesi di confisca diretta. Di confisca per equivalente, non vale nemmeno la pena parlare. Le chiedo di assolvere Galassi con la più ampia delle formule”.

Ha fatto seguito l’arringa dell’avvocato Alberto Selva. Il legale, dopo avere tratteggiato la figura di Clelio Galassi e della sua carriera politica, ha richiamato il comportamento processuale del proprio assistito rifacendosi anche al suo interrogatorio del 23 ottobre 2015. “Non è vero che Galassi ha confessato lo stretto necessario, come ha detto il Procuratore del fisco, ha ammesso che quei soldi erano stati a lui consegnati, ma non all’interno di un patto corruttivo o illecito. Questa indagine è stata compiuta alla moda dei tempi del 2015. Si ricostruivano le movimentazioni dei denari secondo la modalità del momento che vedeva l’occultamento come condotta di carattere permanente.

Nella attività di contestazione del riciclaggio c’è una concorrente, la politica, che ha messo in mano alla magistratura delle norme di portata ampia. La legge 100 del 2013 ha visto una politica debole che ha gestito male queste vicende di approvazione e adeguamento delle norme. Non è un mistero che con le confische siano state pagate le tredicesime dei dipendenti pubblici. Sono stati anni in cui il diritto è rimasto nel buio. C’erano solo pochi avvocati che combattevano in aula o anche nelle sedi della Camera penale per sostenere che qualcosa non quadrava. Abbiamo dovuto aspettare tanti anni perché si scrivesse una verità talmente evidente e chiara: che non si possa considerare permanete una condotta di occultamento che invece inizia e finisce nel momento in cui l’agente la compie”.

Ha quindi ripercorso l’impiego lecito e “alla luce del sole” fatto da Galassi con il denaro contestato: acquisto di azioni di Bsm, di immobili, di quote societarie e così via. “Queste sarebbero le condotte di occultamento che gli inquirenti hanno avuto l’impudenza di inserire nel capo di imputazione”, ha detto l’avvocato.

“Guardate, le ho analizzate una per una, e non sono condotte di riciclaggio. Basta leggere la relazione dell’Aif del 6 giugno 2018, che analizza, partendo dal libretto, tutte le movimentazioni fatte con quei soldi lì. Ebbene, emerge che non si rilevano successivamente al 2013 condotte che possano integrare il reato di riciclaggio”. Ricordando poi la sentenza di appello del conto Mazzini, si è richiamato alle conclusioni del collega Petrillo e ha citato inoltre la Sentenza del giudice Vitaliano Esposito, invocando la preminenza del diritto. “Ci auguriamo una sentenza che venga scritta con la preminenza del diritto”, ha detto l’avvocato Selva.

La sentenza Dopo le conclusioni della difesa Galassi il Commissario della legge Simon Luca Morsiani si è ritirato in camera di consiglio dando appuntamento alle parti per la lettura della sentenza alle 13 e 45. Attorno alle 14 ha pronunciato la sentenza alla presenza di entrambi gli ex Segretari di Stato. Ecco il dispositivo: Clelio Galassi è stato assolto, per le condotte di riciclaggio contestate precedenti all’agosto 2013 in cui è entrata in vigore la legge sull’autoriciclaggio, perché all’epoca non erano previste dalla legge come reato.

In riferimento alle condotte di occultamento, trasferimento, sostituzione contestate e consumate successivamente al 2013 re Galassi è stato assolto perché il fatto non costituisce reato. Gabriele Gatti per le condotte precedenti al 2013 è stato assolto perché non punibile non essendo i fatti contestati all’epoca previsti dalla legge come reato; per le condotte successive è stato invece dichiarato colpevole di riciclaggio, commesso con le ulteriori azioni in imputazione – ritenuta accertata l’origine criminosa per i fatti di cui alle lettere A, B e C – commesse tra il 2 settembre 2013 e il 10 ottobre 2015. Quindi la condanna è legata al riciclaggio del denaro proveniente dalle azioni corruttive contestate relative all’ex Gray&Grey, con la dazione di Angelo Facchi; alla dazione di Silvano Gerani per la licenza di Ecb; alla dazione di Ambrogio Rossini per l’operazione Centro Uffici. Esclusa la responsabilità per la vicenda Polichem-Wonderfood.

Ritenuta poi la possibilità di applicare la riduzione di pena per avere l’imputato commesso i fatti con i quali è stato ottenuto il denaro, il Commissario della Legge ha condannato Gatti a 2 anni e 5 mesi di prigionia, alla multa a giorni 20 pari a euro 3000, all’interdizione per due anni dai pubblici uffici e dai diritti politici. Il giudice, poiché Gatti è anagraficamente entrato nel 70esimo anno di età, ha concesso la sospensione condizionale della prigionia per tre anni.

Quanto alle somme di accertata provenienza criminosa, il giudice ha ordinato la confisca nei confronti di Galassi fino al valore complessivo di 653.645,59 euro da eseguire in parte in via diretta sulle azioni sottoscritte da Galassi impiegando la provvista proveniente dal libretto Gamma, e in parte per equivalente fino alla complessiva concorrenza.

Nei confronti di Gatti il giudice ha disposto la confisca delle somme di accertata provenienza criminosa fino al valore complessivo di 867.321,68 euro oltre interessi da eseguire in via diretta su quanto sequestrato. Gatti viene condannato anche al pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno nei confronti dell’Eccellentissima Camera da quantificare in sede civile, fatta salva una provvisionale fissata in 50mila euro oltre alle spese e onorari di costituzione di Parte civile.

I legali degli imputati hanno già annunciato che presenteranno appello. Attese ora le motivazioni della sentenza.

 

Articolo tratto da L’Informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 23

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