San Marino. “Il mondo della vita: un problema politico”, don Gabriele Mangiarotti

San Marino. “Il mondo della vita: un problema politico”, don Gabriele Mangiarotti

“Riteniamo che lo Stato non possa sostituirsi alla famiglia”

Una riflessione a tutto campo sulla diminuzione della natalità di don Gabriele Mangiarotti. “Occorre la volontà e il coraggio di fare le misure
giuste e investimenti importanti…”

Riceviamo e pubblichiamo

È impressionante un mondo in cui la comunicazione sa dare solo spazio a ciò che è «istituzionale» oppure trasgressivo, lasciando ai margini la vita reale. Ricordo sempre con commozione le parole di un dissidente cecoslovacco (Václav Bělohradský) nel suo testo «Il mondo della vita: un problema politico».

Il titolo della sua opera ricorda quello che mi preme sottolineare: legittimità non è legalità e la vita del popolo non si riduce alle istituzioni.

E facevo queste considerazioni scrivendo al Direttore della TV di San Marino, in questi termini: «Parto da questa considerazione: ieri [13 settembre] c’è stata la votazione sulla Istanza d’Arengo che avrebbe permesso l’adozione alle coppie omosessuali, introducendo, tra l’altro, in modo surrettizio la possibilità dell’utero in affitto e anche la PMA, come al solito scavalcando la legislazione comune, inserendo una sorta di dato di fatto, contro cui poi sarebbe [stato] difficile intervenire.

Quello che mi ha colpito rimane il fatto che nessuno delle persone di San Marino a cui ho chiesto il parere su quanto stava accadendo, ne era consapevole.

Quello che mi chiedo è se la TV può diventare uno strumento per una libera ed esauriente informazione, visto che non è un canale privato, ma una realtà statuale.» La vita reale a volte sembra scomparire rispetto alle preoccupazioni di ogni forma di potere, per cui le decisioni che impongono una concezione della vita e della realtà contraddittorie rispetto alla nostra tradizione storica, culturale e religiosa si impongono senza un serio e motivato confronto.

Inoltre sono stato provocato da un altro fatto accaduto in questi giorni. Avevo scritto, qualche tempo fa, un articolo dal titolo «Il declino non è il destino». E grande è stata la mia sorpresa quando ho letto l’intervento di Giorgia Meloni al «Budapest Demographic Summit» e ho ritrovato queste precise parole: i «cittadini europei … invece si stanno abituando all’idea che il declino sia un destino. Beh, il declino non è un destino, il declino è una scelta e non è una scelta che faremo noi.»

La curiosità di comprendere quel testo mi ha intrigato, al punto che l’ho letto integralmente. Vale la pena certamente leggerlo tutto, qui solo alcuni punti. Dopo avere rilevato che il tasso di natalità, in Ungheria, si è innalzato in seguito alla politica in favore della famiglia portata avanti dal governo (e di cui avevo conosciuto i dati nel convegno della FAFCE a cui avevo partecipato) così si esprime: «Per dirla più semplicemente, le Nazioni più ricche sono quelle dove si fanno meno figli. Questa è la ragione per la quale mobilitare risorse a sostegno della famiglia e dei figli è essenziale. E può dare risultati concreti, come l’Ungheria ha perfettamente dimostrato. Lo ha richiamato anche Papa Francesco nel corso del suo viaggio apostolico in Ungheria dello scorso aprile. L’esempio ungherese ci dice che le cose possono cambiare, se si vuole che cambino. Occorre la volontà e il coraggio di fare le misure giuste e investimenti importanti…

Oggi il tasso di natalità è aumentato, il numero di matrimoni è aumentato, il tasso di occupazione generale è aumentato e – cosa molto importante – è aumentato il tasso di occupazione femminile. Lo voglio sottolineare perché mi sono sempre opposta all’idea portata avanti da molti secondo la quale incentivare la natalità significherebbe disincentivare il lavoro femminile. Come se le due cose non fossero compatibili, come se le donne dovessero essere comunque condannate a sacrificare il lavoro o la maternità. E’ falso. Quello che ci dice l’esempio ungherese è esattamente il contrario: ci dice che sviluppando politiche orientate alla famiglia, sposando un approccio culturale family-friendly con politiche concrete a sostegno delle famiglie con bambini e della conciliazione famiglia-lavoro, in particolare per le mamme, si può restituire alle donne la libertà di poter mettere al mondo dei figli senza per questo rinunciare a una carriera e di poter avere una carriera senza per questo rinunciare a mettere al mondo dei figli. Perché è questa la vera libertà: poter scegliere, e poter avere una vita piena, perché i figli non sono un limite. Sto facendo un lavoro molto difficile, non ho molto tempo per mettere insieme tutto ma, sapete cosa? Sono diventata più forte quando è nata mia figlia, e ogni volta che la vedo, ora so meglio di prima, che anche quando sono stanca, anche quando penso “ok, mi arrendo, non ce la faccio più, non è una vita”, che sto facendo qualcosa che, se sono in grado di farla, lo faccio anche per lei. I figli rendono le donne più forti anche nel lavoro che svolgono, non sono un limite. Quindi vogliamo garantire questa libertà e dunque quella ungherese su famiglia e natalità è un’esperienza importante, e lo voglio dire perché l’Italia la guarda con interesse e ammirazione per i risultati raggiunti…

Voglio ringraziare Katalin Novák perché questo vertice, questa sessione di lavoro è dedicata alla famiglia come “key of security”: un concetto che molti anni fa poteva sembrare banale, e che ora è piuttosto coraggioso. Quindi, grazie Kat. Sembra che abbiamo bisogno di coraggio perché, oggi, sembra che parlare di famiglia tolga qualcosa a qualcuno, invece di aggiungere qualcosa a tutti, che è quello che penso io. Come se ognuno di noi, qualsiasi sia il percorso di vita proprio e qualsiasi siano le proprie origini, non fosse nato all’interno di una rete familiare. Posso dirlo io per prima, che come forse qualcuno qui sa non provengo da una famiglia dalle dinamiche “ordinarie”. Eppure, mi sento in tutto e per tutto figlia di una famiglia.

“Key of security”, è vero, questa è la famiglia. Dove per “key of security” non si intende, come una certa narrazione vorrebbe far credere, l’idea arcigna e un po’ retriva di una sovrastruttura socio-culturale che non accetta la libertà personale. Ma una “società naturale”, come è definita anche dalla Costituzione italiana, nella quale crescono e si formano i cittadini di domani, nella quale ognuno può formarsi, scoprire i propri talenti, sviluppare la propria personalità all’interno di un nido che garantisce sicurezza e protezione, imparare ad amare ed essere amato, imparare cos’è la solidarietà. Oggi, dopo un lungo attacco di natura ideologica che ha portato la famiglia ad essere poco aiutata e poco sostenuta, l’istituto familiare appare in crisi, e noi vogliamo difenderlo, noi vogliamo rilanciarlo, perché la famiglia non limita la libertà di nessuno e accresce la ricchezza di tutti.

Riteniamo che lo Stato non possa sostituirsi alla famiglia, e dove nella storia si è tentato di farlo – com’è successo nell’Europa dell’Est sotto il dominio sovietico – gli esiti valgono come monito per tutti a non ripetere l’esperimento…

Credo … che l’Europa debba [mettere] le politiche per la famiglia e per la natalità al centro, accompagnando gli Stati nazionali verso un maggiore coordinamento, nel rispetto autentico del principio di sussidiarietà. Dimostrando, insomma, di aver compreso appieno la portata della sfida culturale, sociale ed economica che stiamo affrontando. “Un’Europa – utilizzando proprio le parole di Papa Francesco qui in Ungheria – centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia, (…) dove nazioni diverse siano una famiglia in cui si custodiscono la crescita e la singolarità di ciascuno”. È questa anche la nostra speranza, ma soprattutto è questo il nostro impegno.»

Credo che l’informazione su questi avvenimenti – a cui purtroppo mi pare i nostri politici non hanno potuto partecipare – sia l’occasione perché «il mondo della vita» ritorni ad essere il «problema politico» e la ragione della comunicazione.

don Gabriele Mangiarotti

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