San Marino. L’informazione: “Tomasetti si sentiva ‘braccata’ ma telefonava spesso a Celli e ci parlava persino per un’ora”

San Marino. L’informazione: “Tomasetti si sentiva ‘braccata’ ma telefonava spesso a Celli e ci parlava persino per un’ora”

Anche l’archiviazione dell’esposto di Gozi a Roma affossa la credibilità delle accuse sammarinesi

ANTONIO FABBRI. Le ricostruzioni dei fatti, o meglio delle impressioni, oggetto degli esposti di Catia Tomasetti e Sandro Gozi a Roma, sono state giudicate dal procuratore Claudia Terracina, che le ha archiviate, con l’avallo del il Gip Angelo Giannetti, “certamente interessate a screditare l’indagine” quella che all’epoca pendeva per la famosa consulenza, e a “colpire Buriani, nonché la figura di Celli”.

Per gli stessi fatti, giudicati dal tribunale di Roma privi di qualsiasi rilievo penale, si procede però a San Marino.

Sempre a Roma, comunque, oltre all’archiviazione dell’esposto della Tomasetti, è stato archiviato anche l’esposto di Gozi, che tratta di fatti pure questi entrati nel processo a carico di Celli e Buriani. Nell’udienza di mercoledì anche questa archiviazione è stata posta agli atti dall’avvocato Michela Vecchi, anche perché la parte civile ha depositato l’esposto che aveva fatto a Roma nel processo sammarinese, ma non ha mai depositato a San Marino l’avvenuta archiviazione, nonostante fosse già nel fascicolo romano dal 2020 e nonostante Sandro Gozi abbia detto nel suo esame testimoniale di essere al corrente che era stato archiviato. Comunque, anche in questa seconda archiviazione dell’esposto romano di Gozi sul famoso pranzo tra Sergio Pizzolante, lo stesso Sandro Gozi e Marino Grandoni, si dice proprio che il fatto non costituisce notizia di reato. Ma non solo: “Non vi è infatti nella denuncia – si legge – alcun riferimento a condotte costituenti fattispecie delittuose: nella specie il denunciante (peraltro coinvolto con il Presidente della Banca Centrale Sammarinese in una vicenda giudiziaria relativa a delle consulenze), incontratosi con l’Ing. Grandoni a pranzo riceveva richiesta di “attivarsipresso il Presidente della Banca Centrale Sammarinese, dott.ssa Catia Tomasetti perché “superasse” i pregiudizi nei confronti della Banca Credito Industriale Sammarinese, di cui Grandoni è presidente. Da articoli di stampa (Milano Finanza) nonché da notizie tratte dal sito della Banca Centrale Sammarinese (ente di vigilanza sul sistema bancario) si è potuta ricostruire la vicenda: la banca di Grandoni (Credito Industriale Sammarinese) è in amministrazione straordinaria dal luglio 2019, anche per le cospicue passività. La richiesta, precedente alla vicenda di liquidazione, di “attivarsi” di per sé non costituisce reato, anche perché non si comprende quale forma di attivazione sia richiesta (per “superare i pregiudizi”?): non si fa riferimento a corrispettivi a vantaggi o altro. Non vi sono neppure minacce, posto che la asserita “minaccia” sarebbe nella possibilità che l’istituto di vigilanza sammarinese possa in futuro fondersi con al Banca d’Italia: fatto che non dipende certo da Grandoni e comunque non ha valenza minatoria. Nessuna condotta penalmente rilevante emerge, peraltro la decisione sulla BancaCis è frutto di valutazione coordinata di più soggetti all’interno dell’organismo bancario di vigilanza. Le vicende relative alla fuga di notizie sono oggetto di separato provvedimento presso l’A.G. sammarinese, e comunque non emerge dalla denuncia alcun reale collegamento con la vicenda del pranzo di Grandoni”.

Collegamento che invece le parti civili, che però non hanno depositato questa archiviazione a San Marino, sostengono ci fosse, pur sconfessate dalla procura romana.

Questioni sui mezzi di prova In apertura del processo di mercoledì, nuove questioni sulle prove. In particolare sulla nullità di tutte le prove stabilita dal giudice di terza istanza Oliviero Mazza, mentre il giudice Adriano Saldarelli ha deciso di acquisire la registrazione della conversazione tra Dughera e Buriani. Acquisizione su cui pende un ulteriore ricorso della difesa per violazione del giudicato cautelare. Sollevato dalle difese, inoltre, il fatto che la tra scrizione di quella registrazione sia incompleta e parziale. “Una trascrizione per stralci fatta dall’ispettore Morri nella quale le parti più interessanti per la difesa non sono state trascritte”, hanno detto i difensori. Anche la Procura fiscale, tra l’altro, ha chiesto la trascrizione integrale.

L’inesistente telefonata a tre Nell’udienza di mercoledì è stata anche chiarita, in chiusura, una vera e propria “fandonia” emersa nella precedente udienza. Durante l’esame di Nicola Renzi gli era stato chiesto dall’avvocato di Catia Tomasetti, Filippo Cocco, se avesse mai fatto una telefonata a tre con Buriani e tale Codicè. L’ex Segretario agli esteri ha negato recisamente. L’avvocato Cocco ha insistito, addirittura invitandolo a dire la verità così indirettamente adombrando una falsa testimonianza, circostanza che le difese degli imputati hanno recepito come una possibile “intimidazione del testimone”. L’avvocato Cocco aveva insistito sostenendo che detta telefonata a tre risultasse dai tabulati. Tuttavia, così non è, e l’errore è stato mutuato probabilmente da una non corretta lettura dei tabulati stessi da parte del legale. L’avvocato Enrico Carattoni ha infatti chiarito che quello che risulta dai tabulati è l’invio contemporaneo di messaggi, avvenuto quando Buriani cambiò utenza, per comunicare il nuovo numero a tutti i contatti presenti in rubrica.

Una lunga telefonata Di telefonate reali, invece, ce n’è una significativa che emerge dai tabulati ed è quella che la Presidente Catia Tomasetti fece a Simone Celli il 26 maggio del 2020. A richiamarla nell’udienza di mercoledì, è stato l’avvocato dello stesso Celli, Enrico Carattoni, durante l’esame della testimone-parte civile. Ma perché è significativa? Bisogna sottolineare che un anno prima, nel giugno 2019, secondo quanto riferito dal vice presidente di Banca Centrale Francesco Mancini nella sua testimonianza, dopo aver visto Celli uscire da un incontro nell’ufficio della Tomasetti, ha riferito che la stessa era turbata e gli disse di “sentirsi braccata”. Dopo quell’episodio, tuttavia, ci sono numerose telefonate elencate dalla difesa fatte dalla Presidente di Bcsm a Simone Celli. Difesa che obietta: se c’era questo “turbamento” o timore di pressioni, pare strano che la Tomasetti cercasse spesso Celli. Diverse le telefonate, ha ricostruito la difesa, fatte dal giugno 2019 in poi dalla Presidente all’utenza di Celli, fino a quella significativa, per durata, dato che la testimone-parte civile i contenuti non è stata in grado di riferirli, del 26 maggio 2020: una telefonata, ha ricostruito l’avvocato Carattoni, di 56 minuti, poi subito dopo, perché probabilmente era caduta la linea, altri 313 secondi. E lo stesso giorno in serata, altra telefonata ancora da Tomasetti a Celli. Un comportamento che per le difese, i cui assistiti devono rispondere di aver fatto pressioni, appare alquanto singolare.

Articolo tratto da L’informazione di San Marino pubblicato integralmente il giorno dopo

 

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