Direttore e caporedattore di L’Informazione di San Marino: “L’assurdità di essere stati trascinati in giudizio con accuse senza fondamento”

Direttore e caporedattore di L’Informazione di San Marino: “L’assurdità di essere stati trascinati in giudizio con accuse senza fondamento”

Rassegna stampa – L’Informazione di San Marino: “L’assurdità di essere stati trascinati in giudizio con accuse senza fondamento”. Dalla assoluzione “perché il fatto non sussiste” emerge tutta la gravità di denunce presentate da soggetti istituzionali contro giornalisti. “Ringraziamo tutti coloro che ci hanno mostrato stima e vicinanza”

ANTONIO FABBRI e CARLO FILIPPINI – Da più parti abbiamo ricevuto attestazioni di stima, di solidarietà, di vicinanza prima, durante e dopo il processo nel quale siamo stati trascinati da due istituzioni: la Banca Centrale e a ruota il Congresso di Stato. Istituzioni che dovrebbero fare della trasparenza, del diritto di informazione e dei principi democratici la propria bandiera, piuttosto che, come accaduto in questo caso, calpestarli.

Siamo stati trascinati in un processo che, come hanno giustamente rilevato molti, non doveva neanche cominciare e, con tutta evidenza, la sentenza con la formula assolutoria “perché il fatto non sussiste già lo attesta.

Avevamo di fronte ad accusarci ingiustamente, e soprattutto senza alcun fondamento, il Governo di questo Stato, la Banca Centrale, la sua Presidente e un Deputato europeo italiano, supportati da onerose consulenze legali da decine di migliaia di euro di denari pubblici. Non si può concepire, allora, che chi ha intentato questa azione legale – poiché da queste istituzioni è partita con precisi e mirati esposti – non avesse coscienza che fosse priva di fondamento.

Le questioni, allora, sono due, tertium non datur: o vi era specifica volontà di colpire la libera informazione, noi ed il nostro giornale, oppure i consulenti ed esperti legali non hanno ben valutato le circostanze, tanto da non sconsigliare una azione come quella che è stata messa in piedi ed è con tutta evidenza fallita.

Nell’uno e nell’altro caso la gravità della cosa può essere valutata da tutti. Ci si è trovati di fronte, invece, parti civili i cui avvocati, taluni con veemenza oltre che in maniera offensiva e senza alcun supporto in fatto e in diritto, hanno chiesto in udienza la condanna dei giornalisti. Alcuni avvocati che oggi raccontano per conto dei propri clienti la loro soddisfazione, ma si dimenticano dell’unico procedimento che sono stati essi stessi ad attivare, sporgendo denuncia-querela contro i giornalisti, nel quale hanno sbattuto malamente contro una sentenza assolutoria piena, perché “il fatto non sussiste”.

Sentenza, questa, della quale nei consessi pubblici incomprensibilmente – o meglio molto comprensibilmente oltre che astutamente – i prìncipi e principesse del foro preferiscono non parlare, evitando di farvi il benché minimo accenno. E allora ringraziamo pubblicamente in primis gli avvocati che ci hanno seguito nel corso di questa davvero kafkiana e assurda vicenda: Marco Berardi, Davide Grassi e in particolare Enrico Carattoni.

Ringraziamo i colleghi, Consulta per l’informazione e Usgi per l’appoggio e gli attestati di stima.

Ringraziamo tutte le persone che singolarmente, pubblicamente e in privato, sui social, nei messaggi, hanno espresso vicinanza al nostro giornale e alla nostra professionalità.

Ringraziamo quelle forze politiche che si sono schierate a tutela del diritto di informazione.

Ringraziamo i nostri lettori, sempre di più, che hanno continuato a darci fiducia e che valgono più di qualche scalcagnato e livoroso intervento in Consiglio.

Doverosamente, quindi, esporremo ai cittadini e ai nostri lettori nei prossimi giorni, come la libertà di stampa sia stata messa in serio pericolo dalle stesse istituzioni che la dovrebbero tutelare. Ripercorreremo costantemente nei prossimi giorni, perché è giusto che questa brutta pagina di attacco alla democrazia sia conosciuta da tutti e resti scritta, le azioni mosse contro di noi in sede penale, civile, amministrativa e persino davanti al Garante della privacy, oltre che minacciate in sede disciplinare, in una girandola di pressioni indebite durata quasi quattro anni.

Articolo tratto da L’Informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 23

 

 

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