San Marino. Caso Marlù, non ci fu contraffazione, tutti assolti gli imputati

San Marino. Caso Marlù, non ci fu contraffazione, tutti assolti gli imputati

Rassegna Stampa – Dirimente la perizia d’ufficio che ha accertato come i modelli non fossero stati “usurpati”

ANTONIO FABBRI. Si è concluso con l’assoluzione di tutti e cinque gli imputati il processo che vedeva contestazioni, a vario titolo, legate alla riproduzione di oggetti di Marlù gioielli, costituita parte civile nel processo, e alla messa in vendita degli stessi. In sostanza in seguito alla denuncia di Marlù sono finite a giudizio cinque persone e una società, la Jewit srl, con le accuse, a vario titolo, di usurpazione di beni immateriali e di messa in circolazione di prodotti e opere dell’ingegno con segni atti a ingannare.

Degli ex dipendenti di Marlù erano in sostanza accusati di aver “copiato” dei monili del noto marchio e messi in commercio per la nuova società della quale fanno parte. Accusa che evidentemente non ha trovato riscontro. Dopo diverse udienze e una perizia in corso di dibattimento disposta dal giudice, ieri davanti al Commissario della legge Vico Valentini si è proceduto alle conclusioni e alla sentenza.

La parte civile Le conclusioni della parte civile con l’avvocato Stefano Pagliai, affiancato dall’avvocato Monica Bernardi, si sono incentrate sulla richiesta di responsabilità degli imputati, premettendo tuttavia di non voler formulare richieste nei confronti dei due commercianti, ma solo nei confronti dei tre imputati ex dipendenti di Marlù. “Certi dati di fatto sono accertati, acclarati e pacifici – ha sostenuto l’avvocato Pagliai – Fin dalla fase inquirente. Tre dipendenti, ex collaboratori della Marlù, fuoriusicti dalla azienda hanno organizzato una attività parallela nello stesso settore merceologico nel quale operava ed opera la Marlù. Sono stati usati gli stessi fornitori e ci si è rivolti a questi richiedendo lo stesso modello della Marlù; si sono replicate le strategie commerciali e pubblicitarie e ci si è presentati sostanzialmente come la stessa cosa di Marlù”, ha detto l’avvocato di parte civile, criticando poi la perizia d’ufficio e chiedendo la condanna e il risarcimento del danno. La parte civile in prima battuta ha chiesto anche la eventuale riproposizione di una perizia.

La procura fiscale “Inizierei dalla richiesta di parte civile, con riferimento alla perizia. Non la ritengo accoglibile perché, oltre che tardiva, è stata avanzata poiché ritenuta non soddisfacente la perizia del Ctu”, ha detto il Procuratore del fisco Giorgia Ugolini, che per contro ha invece ritenuto valida e dirimente la perizia che “lascia poco spazio alle dissertazioni, in quanto sono stati analizzati 91 modelli Marlù rilevandone la non validità del diritto di privativa per alcuni modelli o, se valido, non nuovo in quanto presenti delle ‘anteriorità’.

La perizia ha quindi escluso che esistesse alcuna contraffazione, in nessun caso è stato possibile riscontrare una tipologia di usurpazione della proprietà intellettuale”, ha detto la Procura fiscale chiedendo l’assoluzione perché il fatto non sussiste per i tre imputati ex dipendenti della Marlù e oggi in Jewit, la società che commercializza gli oggetti a marchio Brand.

Quanto ai due commercianti “La Procura fiscale ritiene difficile considerare integrato il misfatto dal punto di vista del dolo” e ha chiesto l’assoluzione anche per i due commercianti del centro storico finiti sotto processo.

Le difese Ha esordito l’avvocato Massimo Cerbari del foro di Rimini, difensore assieme all’avvocato Rossano Fabbri. “Le argomentazioni del patrono di parte civile non colgono nel segno – ha detto -In più parti si registrano dichiarazioni de relato, supposizioni, sospetti, che non hanno dignità probatoria in un’aula di tribunale. Come non condividere le conclusioni della Procura fiscale.

Il perimetro dell’accertamento giudiziario dell’imitazione servile è subito apparso chiaro. In 58 casi deve essere esclusa la validità delle privative, mentre nei rimanenti 33 casi è emersa la presenza di elementi differenziali che escludono l’interferenza con modelli a marchio Marlù.  Nei casi in cui è stata esclusa la validità della privativa, sono state considerate ‘anteriorità’. Mi pare che vi siano tutti i presupposti per mandare assolti i miei assistiti perché il fatto non sussiste”.

Di seguito l’avvocato Gabriele Bordoni, difensore del soggetto giuridico Jewit, ha a sua volta rilevato che il decadere delle accuse verso i tre imputati a cascata genera anche il proscioglimento dell’ente.

Per i commercianti sono intervenuti gli avvocati Gian Luigi Zanotti ed Elia Fabbri. “Il mio assistito aveva delle rimanenze a marchio Marlù che ha messo in vendita senza voler trarre in inganno nessuno. La scritta sugli espositori era stata coperta e cancellata, solo in un caso era rimasta per una svista, ma non ha mai venduto per Marlù un prodotto che non lo era”, ha detto l’avvocato Zanotti chiedendo l’assoluzione del proprio assistito.  Stessa posizione del collega Elia Fabbri che ha anche sottolineato che, se delle colpe possono esserci state, queste non sono sufficienti per condannare qualcuno a titolo di misfatto per il quale serve il dolo.

La sentenza Dopo la camera di consiglio il giudice ha pronunciato la sentenza: assoluzione piena per insussistenza del fatto per Gabriele Venturini, Alessandro Zucchi e Martha Elena Alvarez Mesa, oltre che per la Jewit srl. Assoluzione anche per i due commercianti, Emanuele Podeschi e Marzia Petreti, per insufficienza di prove in ordine al dolo per una delle contestazioni a e per insussistenza del fatto per le altre accuse a loro carico.

Articolo tratto da L’informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 18

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