MARINO CECCHETTI – Fine gennaio 1996. Tardo pomeriggio. Stavamo facendo gli scrutini. I professori c’erano tutti all’infuori di un consigliere impegnato a Palazzo, che, appena finito il suo intervento a favore di una legge, ci raggiunse. Come si presentò sulla porta non mi trattenni : “Vi rendete conto di quel che avete combinato?”
La legge (P.M. Menicucci alla Giustizia) era quella che depenalizzò reati fiscali e societari come falso in bilancio, evasione fiscale verso altro Paese e così via. Insomma non proprio sciocchezzuole.
L’anno dopo ci fu il blocco della Finanza italiana. Seguirono i richiami di organismi internazionali come Ocse, Moneyval, Greco.
9 aprile 2008: Christos Giakomopoulos e Jhon Rigghutt (Moneyval) ‘sorprendono’ a Strasburgo F. Stolfi (Esteri) – lì per altre ragioni – e gli danno in mano il foglio dell’avvio della procedura di infrazione.
28 agosto 2009: davanti ai media accreditati al Meeting di Rimini il ministro G. Tremonti spara, come in una esecuzione, su A. Mularoni (Esteri) e G. Gatti (Finanze).
Nel Paese impazzava il fenomeno delinquenziale denominato “tangentopoli sammarinese”, da cui il processo Conto Mazzini.
In primo grado il Mazzini si concluse con decine di condanne per reati quali associazione a delinquere, riciclaggio, corruzione. Nel secondo grado – come ha scritto Antonio Fabbri – l’associazione a delinquere “è stata dichiarata prescritta”; il riciclaggio, “inquadrato come autoriciclaggio”, è risultato non punibile per specifica “sentenza interpretativa del Collegio Garante”; la “corruzione”, pur riconosciuta, incide meno.
A 30 anni dalla legge citata all’inizio: debito pubblico insostenibile; forze oscure – chiamate da chi si può immaginare – pronte, con le loro potenzialità di ricatto, a gestirsi il Paese.
Articolo tratto da L’Informazione di San Marino pubblicato integralmente dopo le 23
